DIRITTO DI SCIOPERO E RAPPRESENTANZA SINDACALE: QUALE DEMOCRAZIA?
In questa puntata, i partecipanti affrontano temi cruciali e delicati per il paese: il diritto di sciopero, il diritto alla rappresentanza sindacale e la tutela dei lavoratori. Viene discusso come questi diritti, riconosciuti costituzionalmente, siano sempre più spesso ostacolati o impediti. In particolare, si evidenzia l’intervento del governo attuale, con un focus sulle “precettazioni” (requisizioni) nel settore dei trasporti da parte del Ministro Salvini, che ostacolano o bloccano l’esercizio del diritto di sciopero. Vengono inoltre analizzati gli attacchi politici a questo diritto e le problematiche relative alla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro.
Gli ospiti che hanno animato il dibattito sono:
- Walter Montagnoli della Confederazione Unitaria di Base
- Antonio Amoroso, anch’esso della Confederazione Unitaria di Base di Roma, che si occupa in particolare del settore dei trasporti nel Lazio e a Roma29.
- L’avvocato Giuseppe Marziale, avvocato del lavoro
Qui di seguito le domande chiave che guidano il dibattito sulla tutela del diritto di sciopero e della rappresentanza sindacale in Italia, esplorandone il quadro normativo, le criticità attuali e le prospettive future attraverso diverse angolazioni.
Il diritto di sciopero è un diritto fondamentale, direttamente previsto dall'articolo 40 della Costituzione italiana. Non è solo un diritto dei sindacati, ma è un diritto del singolo lavoratore che si esercita collettivamente. Nella storia repubblicana, l'esercizio del diritto di sciopero è stato cruciale per le classi sociali subalterne per introdurre elementi di democrazia di cui godiamo ancora oggi. È considerato l'arma più efficace e incisiva che i lavoratori e le loro organizzazioni hanno per portare avanti le battaglie sociali e sindacali.
La Costituzione stabilisce che il diritto di sciopero deve essere esercitato "nell'ambito delle leggi che lo regolamentano". In particolare, nel 1990 e nel 2000 sono state approvate leggi (la 146/90, modificata dalla 83/2000) per disciplinare lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. L'obiettivo è che le modalità di sciopero non danneggino in modo sproporzionato i diritti dei cittadini o l'interesse delle aziende che offrono servizi essenziali.
Il diritto di sciopero non deve piegarsi ad altri diritti, ma la normativa richiede che tenga conto anche di altri diritti della persona, pur se non immediatamente collocati nella Costituzione come lo sciopero. Tra questi, ci sono il diritto alla salute e alle cure mediche (mai messi in discussione dalle organizzazioni sindacali, anche le più antagoniste), ma anche, ad esempio, il diritto al trasporto, il diritto all'informazione radiotelevisiva, e dal 2015 persino il diritto ad accedere a musei e luoghi di cultura.
Sì, secondo i relatori, ci sono stati e continuano ad esserci attacchi e ostacoli all'esercizio del diritto di sciopero da parte della politica e dell'attuale governo. Questi attacchi sono a volte descritti come "sguaiati" o "inappropriati" e non tengono conto della gerarchia delle fonti nel nostro ordinamento. Esempi specifici menzionati includono gli interventi del ministro Salvini che ha più volte precettato (imposto la continuazione del lavoro) ai lavoratori del settore trasporti, bloccando di fatto gli scioperi.
La precettazione è un'ordinanza, prevista dalla legge 146/90 (all'articolo 8), che un ministro (come il Ministro dei Trasporti nel caso degli scioperi nel settore) può usare in casi eccezionali per limitare o revocare uno sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tuttavia, secondo i relatori, viene usata per bloccare scioperi anche quando questi sono stati indetti rispettando le regole, basandosi sul timore che lo sciopero "riesca troppo" e abbia "effetti importanti" sui servizi, il che non dovrebbe essere una causa eccezionale. Recentemente, la giurisprudenza amministrativa (come il TAR del Lazio e una sentenza del Consiglio di Stato del 2023) ha censurato alcune di queste precettazioni.
La legge 146/90 ha istituito una Commissione di Garanzia con il compito di garantire l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, assicurando che si rispettino le regole e si bilanci il diritto di sciopero con altri diritti fondamentali. Tuttavia, nel dibattito, la Commissione viene descritta come un soggetto che non è neutrale, ma spesso sbilanciato a favore delle aziende e della politica, impedendo di fatto gli scioperi. Le sue delibere sono state definite "plotone di esecuzione" contro il diritto di sciopero. Le sue decisioni sono state censurate dal Consiglio di Stato per non essere equilibrate. È possibile contestare le delibere della Commissione di Garanzia davanti al giudice del lavoro.
Scioperare ha un costo significativo per il lavoratore: rinuncia a una quota del proprio salario per quel giorno. Con salari spesso bassi e fermi da anni, questo sacrificio è pesante. Nonostante ciò, i lavoratori scioperano per tutelare il proprio posto di lavoro, le proprie condizioni lavorative (come la sicurezza) e il potere d'acquisto del salario. Il fatto che gli scioperi continuino nonostante gli ostacoli e il sacrificio economico "incarognisce ulteriormente la lotta".
La rappresentanza sindacale si riferisce alla presenza e all'attività dei sindacati nei luoghi di lavoro per tutelare i diritti dei lavoratori. È strettamente connessa al diritto di sciopero perché l'azione sindacale si esprime anche, e prevalentemente, attraverso l'esercizio di questo diritto. La rappresentanza sindacale è una delle "gambe" su cui cammina la libertà sindacale.
Nelle aziende private, esistono due forme principali di rappresentanza che convivono:
- Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA): Previste dalla legge (articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori del 1970). La norma attuale (modificata dopo un referendum nel 1995) prevede che le RSA possano essere costituite solo dalle organizzazioni sindacali che firmano i contratti collettivi o gli accordi applicati nell'azienda.
- Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU): Non sono previste da una legge, ma da accordi tra le organizzazioni sindacali e datoriali (accordi interconfederali, il più importante del 2014). Le RSU subentrano ai diritti delle RSA per i sindacati che aderiscono a questi accordi.
Il problema principale è che la legge lega la possibilità di costituire le RSA alla firma dei contratti collettivi. Poiché non esiste un obbligo per le aziende di trattare o firmare con tutti i sindacati, questo porta a una situazione paradossale: è l'azienda (il datore di lavoro) ad avere la facoltà di "legittimare" il sindacato che può avere rappresentanza, indipendentemente dalla sua effettiva rappresentatività (quanti lavoratori rappresenta). Questo è considerato una "evidente menomazione" e una "concezione neocorporativa", dove il datore di lavoro sceglie la controparte sindacale. Un sindacato che è il più rappresentativo in un'azienda potrebbe non poter costituire l'RSA se l'azienda non firma contratti con esso, mentre sindacati meno rappresentativi o considerati "gialli" (vicini all'azienda) possono averle.
Sì, la Corte Costituzionale è intervenuta su questo tema nel 2013 (sentenza 231) in relazione alla vertenza FIOM-Fiat. La Corte ha detto che non si poteva escludere dalla rappresentanza un sindacato che aveva partecipato alle trattative anche se non aveva firmato l'accordo, a condizione che avesse sufficiente rappresentatività. Ha invitato il legislatore a intervenire per modificare la legge. Tuttavia, a distanza di 11 anni, la situazione legale non è cambiata. Il Tribunale di Modena ha sollevato nuovamente la questione e la Corte Costituzionale discuterà di nuovo dell'articolo 19 il 25 giugno.
Avere rappresentanti sindacali in azienda è cruciale non solo per l'azione collettiva (organizzare scioperi, assemblee), ma anche perché incide direttamente sui diritti individuali dei lavoratori in caso di crisi aziendali. Ad esempio, in caso di licenziamenti collettivi, la legge prevede criteri per la scelta dei lavoratori da licenziare, ma questi criteri possono essere modificati tramite accordi sindacali firmati dalle rappresentanze in azienda. Questo vale anche per altre situazioni come cassa integrazione o cessioni d'azienda. Quindi, la presenza di rappresentanze sindacali veramente rappresentative (con il consenso dei lavoratori) è enorme per la vita quotidiana dei lavoratori, poiché un accordo firmato dalle rappresentanze può addirittura modificare o togliere diritti individuali.
I relatori suggeriscono che c'è una disconnessione. Ci si lamenta della mancanza di partecipazione, ma se i lavoratori sono esclusi dalle decisioni, a cosa dovrebbero partecipare?. La non partecipazione (l'astensionismo) alle iniziative e alle lotte dipende dal fatto che le persone non si sentono chiamate a essere protagoniste del proprio destino. Se non possono votare in modo libero e democratico per scegliere le organizzazioni che pensano possano difendere i loro interessi, è chiaro che si sentono meno motivati a partecipare. Inoltre, vent'anni di diritti calpestati, esclusione dalle decisioni sui contratti, salari bassi erosi dall'inflazione, precarietà e insicurezza sul lavoro (con i troppi "morti sul lavoro") hanno creato sfiducia e un sentimento di "tanto sono tutti uguali" nei confronti dei sindacati tradizionali, percepiti come co-responsabili di questi arretramenti.
Non c'è una soluzione semplice. Serve un'opera di "alfabetizzazione" sui diritti dei lavoratori. È fondamentale farli partecipare alle decisioni. La mancanza di democrazia nei luoghi di lavoro è un grave danno per la democrazia nel paese. Serve una pratica concreta di rilanciare le lotte. Bisogna far capire ai lavoratori che esercitando un reale rapporto di forza (ad esempio con lo sciopero), è possibile riconquistare diritti e adeguare i salari. È necessario riconsegnare ai lavoratori la possibilità di intervenire nelle decisioni che li riguardano, che sono state "scippate" dalle loro mani. La prima cosa è riconquistare la fiducia. Questo avviene non solo parlando, ma soprattutto mettendo in pratica ciò che si afferma, mostrando una coerenza tra il dire e il fare.
Sono stati menzionati valori come lealtà, onestà e correttezza, spesso percepiti come mancanti nel mondo del lavoro e nel capitalismo moderno. Riportare questi principi potrebbe aiutare a ricostruire la fiducia. Tuttavia, un altro punto di vista suggerisce che questi sono valori importanti, ma più "intimisti". La premessa fondamentale è ripartire dalla consapevolezza di sé, della propria forza, e di quella che viene definita "coscienza di classe". La società e i diritti sono regolati da rapporti di forza. Il capitalismo esercita il suo potere in assenza di contrasto da parte dei lavoratori. Senza la consapevolezza di questa contrapposizione e della necessità di esercitare un confronto, si continua ad arretrare. È la coscienza di classe che determina le lotte necessarie per conquistare diritti e valori.
Sì, oltre a questo webinar, è stato annunciato un convegno che si terrà il 25 marzo presso una sala del Senato a Roma. L'evento è organizzato dalla CUB insieme a rappresentanti del Movimento 5 Stelle e sono stati invitati anche rappresentanti di altre forze politiche e sindacali. L'obiettivo è puntare su e discutere la necessità di una misurazione reale della rappresentatività sindacale e riportare tutti al voto. Questi temi sono considerati fondamentali, perché senza democrazia nei luoghi di lavoro, non c'è democrazia nella società.
SINTESI DELLA DISCUSSIONE
Dalla discussione è emerso un quadro complesso e critico riguardo allo stato del diritto di sciopero e della rappresentanza sindacale in Italia.
Innanzitutto, l’avvocato Marziale ha sottolineato che il diritto di sciopero è un diritto di derivazione costituzionale immediata (articolo 40 della Costituzione) . È un diritto dei singoli lavoratori, esercitato collettivamente e non necessariamente proclamato dai sindacati . Nonostante la Costituzione ponga questo diritto a un livello elevato, si registrano attacchi politici e tentativi di farlo piegare ad altri diritti, creando una criticata “inversione della gerarchia dei diritti” . Le leggi (146/90 e 83/2000) hanno disciplinato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, ma questo non implica che i disservizi causati da uno sciopero neghino il diritto stesso . Le “precettazioni” ministeriali, in particolare nel settore dei trasporti, sono viste come un ostacolo o un blocco all’esercizio di questo diritto.. È stato notato che la giurisprudenza amministrativa, come il TAR del Lazio, ha censurato alcune “precettazioni” e il Consiglio di Stato ha criticato la Commissione di Garanzia per essere sbilanciata a favore delle aziende .
Walter Montagnoli e Antonio Amoroso hanno evidenziato che, nonostante questi attacchi da parte dei governi e della stessa Commissione di Garanzia (definita un “plotone di esecuzione” contro lo sciopero) , le lotte continuano, specialmente nel settore dei trasporti . Hanno denunciato che il governo attuale ha modificato la composizione della Commissione di Garanzia per riscrivere le regole e impedire gli scioperi . Lo sciopero comporta un sacrificio economico per il lavoratore, che rinuncia a parte del suo stipendio, reso più pesante dai salari fermi da 20 anni e dall’aumento del costo della vita . Gli attacchi non fermano le lotte, ma le rendono più difficili .
Il dibattito ha anche affrontato il fenomeno del sindacalismo di base, nato come reazione alle politiche di “concertazione” e “consociativismo” dei sindacati confederali mainstream e autonomi degli ultimi 30 anni . La legge 146 del 1990 è vista come un tentativo di frenare la crescita di questo sindacalismo di opposizione . I recenti rinnovi contrattuali, avallati dai sindacati maggioritari, offrono adeguamenti salariali molto inferiori all’inflazione (che ha eroso circa il 20% del potere d’acquisto) e comportano spesso la perdita di diritti . La legge 146 è considerata estremamente rigorosa e persino le sue applicazioni attuali, mediate dalla Commissione di Garanzia, tendono a ostacolare gli scioperi anche su questioni generali, spingendo i sindacati a costosi ricorsi legali.
La questione della rappresentanza sindacale sui luoghi di lavoro è strettamente legata allo sciopero . L’Avvocato Marziale ha spiegato la coesistenza di RSA (legge 300/1970, Art. 19) e RSU (accordi interconfederali) . Ha evidenziato il “vulnus enorme” causato dalla formulazione attuale dell’Art. 19 (dopo il referendum del 1995), che permette di costituire RSA solo alle organizzazioni che firmano contratti applicati all’unità produttiva . Questo porta alla paradossale situazione in cui è il datore di lavoro a poter legittimare il sindacato che può costituire l’RSA . Questa “concezione neocorporativa” dei rapporti di lavoro è una “evidente menomazione” . La sentenza 231 del 2013 della Corte Costituzionale (FIOM Fiat) aveva già criticato questa esclusione, invitando il legislatore a intervenire, ma nulla è cambiato in 11 anni . Una nuova discussione sulla legittimità dell’Art. 19 è attesa dalla Corte Costituzionale il 25 giugno . La presenza di sindacati realmente rappresentativi è cruciale perché gli accordi sindacali possono incidere direttamente sui diritti individuali dei lavoratori in situazioni di crisi aziendale .
Per superare queste difficoltà, Walter Montagnoli ha suggerito che partiti e sindacati debbano “ridare la parola ai lavoratori” per farli “tornare a contare” e contrastare la non partecipazione e l’astensionismo . Antonio Amoroso ha aggiunto che è necessaria un’opera di “alfabetizzazione dei diritti dei lavoratori” . La mancanza di democrazia nei luoghi di lavoro è un problema per la democrazia stessa nel paese . Nonostante la sfiducia dovuta ai “tradimenti” sindacali, è fondamentale “praticare le lotte”, “rilanciare le lotte”, perché lo sciopero è uno strumento necessario . Le lotte devono mirare a riconquistare i diritti e adeguare i salari attraverso un “reale rapporto di forza” . È stata menzionata l’organizzazione di un convegno per promuovere una misurazione reale della rappresentatività .
In conclusione, l’Avvocato Marziale ha ribadito che lo strumento legale “accompagna” l’iniziativa collettiva, che è il “motore principale” per gli avanzamenti . La situazione attuale richiede un’accelerazione dell’iniziativa politica e sindacale per non essere travolti . Walter Montagnoli ha sottolineato che la chiave per riconquistare la fiducia dei lavoratori è la coerenza tra il dire e il fare (“dire poco ma fare quel poco che si dice”) . Infine, Antonio Amoroso ha affermato che lealtà e correttezza sono conseguenze, non premesse; la vera premessa è la “consapevolezza di quello che è la società” e della necessità di esercitare un “reale rapporto di forza”, riconquistando la coscienza di sé, la coscienza di classe, che è stata fatta perdere ai lavoratori .
Minutaggio
0:01 – 2:32: Introduzione: Diritto di sciopero e rappresentanza
2:32 – 4:20: Diritto di sciopero: Fondamento democratico e diritto costituzionale
4:20 – 8:19: Attacchi politici e gerarchia delle fonti
8:19 – 9:48: Censura delle precettazioni e ruolo della Commissione di Garanzia
9:48 – 16:03: Rappresentanza sindacale: Vulnus normativo e importanza
16:03 – 36:08: Sindacati di base vs. sindacati confederali: Ragioni della nascita
36:08 – 39:49: Art. 19 Statuto dei Lavoratori: Modifica e conseguenze
39:49 – 41:38: Ruolo cruciale delle rappresentanze sindacali: Diritti collettivi e individuali
41:38 – 58:52: Esclusione dei lavoratori e mancanza di partecipazione
58:52 – 1:01:38: Consapevolezza dei rapporti di forza e coscienza di classe: Elementi necessari
1:01:38 – 1:02:39: Iniziativa politica e sindacale: Necessità di un impegno maggiore
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