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UNIBO: Filosofia sotto attacco del Capo di Stato Maggiore

UNIBO: Filosofia sotto attacco del Capo di Stato Maggiore 

Il Generale Masiello dovrà farsene una ragione se l’attivazione di un nuovo corso di studio presso l’Università di Bologna ha suscitato proteste da parte delle associazioni studentesche e dei collettivi universitari, tanto che – a fine ottobre – il Consiglio di Dipartimento di Filosofia ha respinto la proposta di istituire una laurea dedicata esclusivamente agli allievi dell’Accademia militare di Modena. 

Noi dovremmo, invece, soprattutto riflettere sulle parole della Ministra Bernini, che parla di “rinuncia a una missione formativa”, proprio mentre l’Alma Mater da tempo respinge qualsiasi tentativo di promuovere presso l’Ateneo iniziative di sensibilizzazione e campagne di boicottaggio contro la guerra e il crescente militarismo della società e dell’istruzione. Ad oggi, presso l’Ateneo bolognese ci si è infatti limitati a gesti di facciata che il Rettore stesso, in alcuni casi, sembra contraddire frenando l’attuazione delle delibere del Senato Accademico nonché la calendarizzazione di un’ampia discussione delle proposte del Consiglio studentesco. Un fatto gravissimo sul piano istituzionale.

*** Sabato scorso, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Carmine Masiello, è intervenuto a mezzo stampa per contestare una decisione del Dipartimento di Filosofia UNIBO, lamentando il rifiuto di attivare un curriculum di filosofia costruito su misura per 15/20 cadetti dell’Accademia militare di Modena.
Un rifiuto che crediamo non vada letto come un pregiudizio, ma piuttosto come risposta a quella che appare una tendenza crescente a utilizzare il sapere come strumento di propaganda bellica (così come previsto dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 2 aprile 2025). Non a caso, lo stesso Masiello ha più volte parlato dell’importanza di “affinare linguaggi e tecniche di persuasione”, chiarendo così gli obiettivi del progetto formativo in discussione.

La decisione del Dipartimento di Filosofia è del tutto legittima, anche alla luce delle posizioni espresse della componente studentesca e testimoniate dalla significativa partecipazione agli Scioperi contro guerra, genocidio e riarmo da parte del personale docente e del personale tecnico amministrativo e bibliotecario (con adesioni quasi al 30%). Ciò peraltro non esclude gli allievi militari dalla formazione universitaria: essi possono regolarmente iscriversi ai corsi già attivi. Semplicemente significa impedire che un’istituzione militare influenzi e condizioni l’offerta formativa dell’Università.

Comprendiamo la delusione del Generale, ma resta difficile capire perché un Ateneo dovrebbe attivare un corso “facilitato” per le forze armate quando molte studentesse e molti studenti faticano a sostenere i propri percorsi di studio, essendo spesso costretti a lavorare per poterseli permettere.

Preoccupa che una piccola proposta di finanziamento da parte di un ente militare, o la telefonata di qualche politico, appaia sufficiente a sostenere esigenze didattiche non reali e a mettere in discussione, tramite la stampa, la libertà di insegnamento e l’autonomia universitaria. Ancora più grave è sollecitare un Rettore ad ignorare e scavalcare la funzione propositiva di un Dipartimento nell’ambito della propria offerta formativa.

A rendere ancora più evidente questa dinamica di ingerenza è intervenuto pure il Ministro degli Interni ad alimentare la narrazione di una Università “ostaggio dei collettivi”; un’operazione che si intreccia significativamente con il tentativo, portato avanti dalla commissione Galli della Loggia, di riformare la governance accademica riducendo gli spazi decisionali dal basso. ***

CUB Scuola Università e Ricerca, primo sindacato di base presso l’Università di Bologna, esprime solidarietà e sostegno al Dipartimento di Filosofia. Chi oggi denuncia lo “scandalo” dovrebbe piuttosto preoccuparsi dei tagli all’Università e delle migliaia di precari che rischiano di essere espulsi dal mondo accademico, nonché soprattutto smettere di desinare lacrime da coccodrillo per i cervelli in fuga.

In un contesto nazionale segnato da definanziamento strutturale, precarizzazione crescente e tentativi di restringere gli spazi democratici nei processi decisionali, risulta ancor meno giustificabile pretendere l’attivazione di un corso di laurea riservato solo ad alcuni. Un Ateneo non può sottrarre risorse preziose alla ricerca, alla didattica ordinaria e al diritto allo studio per creare percorsi su misura per finalità non giustificabili o, peggio, per rafforzare rapporti asimmetrici tra istituzioni civili e apparati militari.

Il sistema universitario italiano ha esigenze ben più urgenti:

  • garantire condizioni di studio dignitose, investire in laboratori, biblioteche e spazi collettivi;
  • rafforzare le esenzioni per le fasce medio-basse e gli aiuti per chi fuori corso;
  • predisporre un piano straordinario di reclutamento, comprese le stabilizzazioni così da ridurre i carichi di lavoro impropri;
  • rinnovare il sistema delle carriere in modo da superare le dinamiche oligarchiche nonché aumenti salariali e progressioni economiche automatiche per il personale non docente.

È questo ciò di cui il Paese ha bisogno, non dell’ennesima iniziativa pensata per una ristretta élite.

A ciò si aggiunge la pressione crescente del paradigma del “dual use” promosso da Horizon 2028, che rischia di orientare la produzione di conoscenza verso finalità tecnologico-militari, in contrasto con l’interesse pubblico e con la libertà accademica.

Per queste ragioni, la scelta del Dipartimento di Filosofia non è un rifiuto immotivato, ma un atto di responsabilità: non si possono spendere soldi pubblici per creare un corso destinato a pochissimi quando esistono bisogni urgenti nella ricerca e nella formazione, in grado di generare benefici reali per la collettività e di contribuire allo sviluppo scientifico.

Difendere l’Università significa difendere il sapere come bene comune, non piegarlo a interessi particolari o a logiche di potere.

Difendere il Dipartimento di Filosofia dell’Alma Mater significa lavorare concretamente per la pace.

CUB Scuola Università e Ricerca

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