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Brandizzo due anni dopo: memoria e lotta contro un modello che produce morte

Il 30 agosto presidio davanti alla stazione: “Non siamo pedine sacrificabili”

Due anni fa, il 30 agosto 2023, la tragedia di Brandizzo costò la vita a cinque lavoratori impegnati in un cantiere ferroviario. Una strage che scosse il Paese, aprendo per un momento i riflettori sulla condizione dei ferrovieri e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Due anni dopo, nulla sembra cambiato: RFI prosegue indisturbata con un modello organizzativo che ha reso possibile quella strage, un modello che rischia di riprodursi in ogni turno e in ogni cantiere.

La riorganizzazione imposta da RFI, costruita sulla frammentazione degli appalti, sulla riduzione degli organici e sull’intensificazione dei ritmi, viene accettata o ignorata da troppe parti: istituzioni silenti, sindacati complici, organi di controllo inadeguati, media compiacenti. Un contesto che rafforza l’idea che oggi più che mai la battaglia per la sicurezza e per la vita sia nelle mani dirette dei lavoratori.

Per questo il 30 agosto 2025 ferrovieri, associazioni e lavoratori torneranno a Brandizzo, con un presidio dalle ore 14.00 alle 16.30 davanti alla stazione. Sarà un momento di denuncia e di partecipazione, con microfono aperto, per ribadire che quanto accaduto non è una fatalità ma il prodotto di scelte precise, in nome del profitto e a spese della vita umana.

Il presidio è promosso da Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione, Assemblea Nazionale PDM & PDB, CUB-Trasporti, Cobas, SGB, USB, con il sostegno dell’Associazione familiari strage di Viareggio “Il mondo che vorrei”, del Coordinamento 12 ottobre, della Cassa di solidarietà tra ferrovieri Cub Piemonte, di Medicina Democratica Piemonte, del FGC e delle riviste Ancora in Marcia e Cub Rail.

La ricorrenza sarà anche un’occasione per rilanciare alcune rivendicazioni precise: il superamento del sistema di appalti e subappalti che mette a rischio la vita dei lavoratori; il rafforzamento degli organici e della formazione; la piena assunzione di responsabilità da parte di RFI e delle istituzioni; la fine della retorica istituzionale che parla di “incidenti” e “fatalità” senza affrontarne le cause reali.

“Non ci rassegneremo ad essere le pedine sacrificabili di un sistema che per i propri interessi non fa prigionieri” ribadiscono i promotori. A Brandizzo, due anni dopo, la memoria diventa lotta: perché la sicurezza sul lavoro non è una concessione, ma un diritto che deve essere imposto con la forza collettiva dei lavoratori.

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