Finanziaria 2026: quanto ci costa
È uscita la Relazione Tecnica della Ragioneria dello Stato: un testo che conferma l’orientamento liberista della Legge di Bilancio 2026. Leggendolo risulta evidente la continuità con le Finanziarie degli anni precedenti, segnate da un sostanziale equilibrio tra la riduzione dei costi e l’utilizzo della leva fiscale per evitare leggi patrimoniali e progressività delle imposte.
Ancora una volta, risorse sempre maggiori andranno alle imprese, specie sotto forma di sgravi contributivi e fiscali, mentre il welfare state viene rifinanziato soprattutto nei suoi profili meno strutturali, ossia meno legati alla concreta soluzione dei problemi (i famosi “bonus”). Assai grave è l’assenza di spesa per l’attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, che dovrebbero fungere da argine, sia pur parziale, a quel divario interregionale dei servizi che vede le isole e le aree meridionali in forte sofferenza per istruzione, assistenza agli anziani, asili nido e servizi socio sanitari. Per non dire della miopia di fondo rispetto ai reali bisogni del welfare d’una popolazione sempre più anziana e per questo bisognosa di sostegno (e quindi di maggiori risorse). Tale dato fa tutt’uno con la proverbiale incapacità italica di attuare politiche rivolte ai giovani e atte a contrastare il calo delle nascite.
- Costi in tema di fisco: Volendo individuare un elemento qualificante della Manovra, si può indicare la revisione dell’aliquota Irpef, che passerà dal 35% al 33% per il reddito compreso tra una cifra superiore ai 28.000 € e fino a 50.000 €. Questa misura costerà allo Stato 2,9 miliardi per il 2026 – solo minimamente recuperati dalla riduzione delle detrazioni per redditi superiori a 200.000 € (+ 22,1 milioni per il 2027) – e, oltre a non toccare minimamente i redditi bassi, non avrà impatti positivi, per via del drenaggio fiscale, sul potere di acquisto della classe
Ha fatto scalpore, provocando tensioni all’interno della maggioranza, l’innalzamento dell’imposta sostitutiva per il primo immobile destinato agli affitti brevi. La cedolare secca passa dal 21 al 26%, ma solo per le locazioni gestite da intermediari o portali online. La formulazione iniziale era diversa, riguardando pure gli affitti brevi gestiti direttamente dai proprietari. La modifica si deve a forze interne alla maggioranza, decise a tutelare gli interessi di quella parte della propria base sociale che si è data alla locazione turistica. In effetti, nel tentativo di reperire risorse senza toccare i soggetti economicamente più forti, il governo è entrato in contraddizione con un pezzo del proprio elettorato. Certo, il proliferare di case vacanze, bed and breakfast ecc. è anche all’origine del vertiginoso aumento degli affitti a lungo termine. Tuttavia, la misura in questione non si lega a una qualche sensibilità verso la questione abitativa. Su questa tema, nella Legge di Bilancio, non vengono previsti né stanziamenti né decisioni di rilievo. Eppure la situazione è drammatica: lo attestano i sempre più numerosi sfratti esecutivi, che spesso colpiscono famiglie morose per la indisponibilità economica sopraggiunta di recente[1].
Senza porsi il problema di contrastarla, il Governo tenta di recuperare qualche risorsa dall’evasione fiscale (che, non incontrando ostacolo alcuno, ha segnato un nuovo record[2]). La tassa per il rientro dei capitali passa da 200.000 a 300.000 €, portando a un guadagno stimato di 14,5 milioni dal 2027, mentre viene digitalizzato il sistema di monitoraggio e controllo della Pubblica Amministrazione. Ciò dovrebbe garantire un recupero di entrate pari a quasi 700 milioni nel 2026. Come si vede, si tratta di cifre esigue. Fuoriuscendo dalla logica dei condoni e intervenendo seriamente sul problema, ben altre risorse potrebbero essere reperite. - Costi in tema di lavoro: Vengono previsti corposi esoneri per le imprese su rinnovi contrattuali, straordinari e premi di produttività, in riferimento a redditi di lavoratori fino a 28.000 €, nella forma di «una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento». Costo per lo Stato: 420,3 milioni per il 2026. Ma non è finita qui.
La riduzione dell’aliquota dell’imposta sui premi di produttività, ridotta al 5% dalla Finanziaria dell’anno passato, viene abrogata, ma al suo posto si impone un’aliquota all’1% per premi fino a 5.000 € complessivi su base individuale, dai 3.000 che erano la soglia per le agevolazioni in passato. Fino a 1.500 €, inoltre, saranno tassati al 15% i notturni e i festivi straordinari, nonché le indennità di turno, per redditi di lavoratori fino a 40.000 €. Il costo totale di queste ultime due misure è 826,5 milioni per il 2026.
Per ultimi arrivano: gli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato o le trasformazioni di contratto, per un ammontare stimato di 154 milioni per il 2026 (ma la spesa autorizzata per l’anno seguente è di 400 milioni); gli sconti fiscali per le imprese che investono nell’innovazione produttiva ed energetica (700 milioni circa per il 2027); le agevolazioni per le imprese che investono nel Mezzogiorno (2,3 miliardi per il 2027). In estrema sintesi le misure di sostegno al potere di acquisto arrivano solo con la riduzione delle tasse che poi faranno mancare risorse al welfare. A nostro avviso il disegno del Governo è molto chiaro: da una parte favorire welfare aziendale, sanità e previdenza integrativa, dall’altra lasciare alle imprese, secondo le canoniche ricette neoliberiste, fin troppa autonomia e la possibilità di accumulare enormi profitti senza alcun costo sociale. Teniamo conto, infine, che tutti i rinnovi contrattuali avvengono con aumenti di gran lunga inferiori al costo della vita. - Costi in tema di pensioni: L’innalzamento dell’età pensionabile di un mese, eccezion fatta per chi ha fatto nella vita lavori usuranti o gravosi, farà entrare nelle casse dello Stato 1,18 miliardi in meno nel 2027 rispetto all’aumento di tre mesi che sarebbe occorso se si fosse legiferato in base all’aumento della speranza di vita. L’accredito diretto in busta paga dei contributi per chi sceglie di rimanere a lavoro pur avendo diritto alla pensione anticipata contributiva costa allo Stato 26,1 milioni di entrate contributive in meno, ma allo stesso tempo genera 24,3 milioni di risparmio per le pensioni non erogate. Tuttavia, l’effetto della riduzione della spesa pensionistica negli anni è esponenziale, rappresentando indubbiamente un guadagno per lo Stato. Resta il nodo dei tempi di pagamento del Tfr per i dipendenti della PA, nonostante innumerevoli richiami della Magistratura i tempi continuano ad essere maggiori di quelli del privato. Chi volesse avere questi soldi (dei lavoratori) in tempi più brevi dovrà ricorrere ai prestiti delle banche, al danno segue insomma la classica beffa.
- Costi in tema di welfare state: In fatto di sanità siamo al quarto anno di Governo Meloni e, rispetto al suo insediamento, secondo quanto previsto in Manovra per il 2028 il settore avrà perso finanziamenti pari a circa mezzo punto del PIL. Il finanziamento del SSN cresce nominalmente ogni anno – e infatti nella Finanziaria vengono stanziati 2,4 miliardi in più per il 2026 –, ma tale crescita non è sufficiente a compensare l’inflazione, che si riflette sul Fondo nazionale sia in termini di svalutazione del denaro che di incremento del costo delle forniture sanitarie. Per quanto riguarda la forza-lavoro del settore, invece, il Governo si è messo in una botte di ferro, prevedendo aumenti sotto il 6% a fronte di un’inflazione cumulata del 17%[3].
Per quanto riguarda i Livelli Essenziali delle Prestazioni, e quelli di Assistenza (che sono specifici della sanità) non ci sono stanziamenti aggiuntivi, al di là delle consuete norme di razionalizzazione e informatizzazione amministrative a costo zero, confermando l’inadeguatezza manifestata dall’intero sistema negli anni passati: i LEP e i LEA continueranno a non essere rispettati.
I bonus, pur se in termini modesti, vengono rifinanziati: ci sono 391 milioni per le detrazioni Irpef per interventi di recupero edilizio, di riqualificazione energetica e di riduzione del rischio sismico, 60 milioni per il “Bonus mobili” del 2027 e 2,23 milioni per la proroga annuale del bonus di 500 € per i redditi fino a 15.000 € (Carta “Dedicata a te”).
Il mese di sospensione che per volere del Governo intercorreva tra la fine della percezione dell’Assegno d’Inclusione e il suo rinnovo viene abrogato, confermando l’inadeguatezza di questa norma scellerata di Meloni. Il costo è di 326 milioni per il 2026. Viene innalzata l’autorizzazione di spesa per l’Assegno di Inclusione per il 2026, da 5,76 miliardi a 6,04 (per il 2023 RdC ne costava all’incirca 8,5, risultando più corposo come sussidio).
Sui tagli al welfare state, infine, avranno forse pesato quei 50 milioni in meno che la Manovra converte in armi per l’Ucraina, e ancor di più i circa 2,6 miliardi che verranno aggiunti alla spesa militare previsti per il 2026.
Note:
[1]Cfr. M. Pasquini, Dal Consiglio europeo alla manovra, sulla casa il nulla cosmico del governo, «il Fatto Quotidiano», 24 Ottobre 2025.
[2]Cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze, Rapporto sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Anno 2025.
[3]R. Lisi, Sanità più povera, cittadini più soli: la verità nascosta nella manovra Meloni-Giorgetti, 3 Novembre 2025, https://www.collettiva.it/copertine/economia/legge-bilancio-sanita-salute-poche-risorse-meloni-cqhuvxey
