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Il Governo tenta di cancellare altri diritti dei lavoratori. Un altro atto eversivo

Comunicato stampa

Ogni giorno di più il Governo esplicita la sua arroganza e autoritarismo, cancellando gli spazi di democrazia e, sempre più spesso, falcidiando i diritti dei lavoratori e delle masse popolari. Al Premier “donna e madre” non basta né voltarsi dall’altra parte rispetto al Genocidio del popolo Palestinese compiuto da Israele, nè trascinare l’Italia in guerra, nonostante la contrarietà dei cittadini.

Nell’ambito della conversione in legge del Decreto Legge n.92 del 26.6.2025, denominato Decreto Ilva, a nome e per conto del Governo è stato presentato un emendamento che, introducendo l’art. 9bis, tenta un vero e proprio golpe nei confronti del diritto del lavoro.

RIPRISTINO DELLA PRESCRIZIONE QUINQUENNALE PER LE DIFFERENZE RETRIBUTIVE

La norma prevede il ripristino della prescrizione quinquennale sulle differenze retributive maturate dai lavoratori di aziende con più di 15 lavoratori e introduce una decadenza di 180 giorni entro cui presentare l’eventuale ricorso in tribunale.

Con tale disposizione, di fatto, si tenta di imporre ai lavoratori di aziende sopra i 15 dipendenti, i tempi di prescrizione previsti dalla Corte Costituzionale prima della sostanziale abrogazione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori imposto dalla Riforma Fornero.

PER IL GOVERNO IL LAVORATORE DEVE RINUNCIRE A RECUPERARE QUANTO MATURATO

A fronte della Legge Fornero, infatti, la Corte di Cassazione, anche considerando la debolezza del lavoratore esposto al licenziamento illegittimo e senza obbligo di reintegra, aveva stabilito che la prescrizione quinquennale in costanza di lavoro fosse superata.

La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che eventuali differenze retributive maturate potessero essere rivendicate dai lavoratori a partire dal 2012, anno di approvazione della famigerata riforma. Ulteriori interpretazioni giurisprudenziali avevano definito addirittura il 2007, ovvero 5 anni prima della riforma stessa, la data da cui far partire il conteggio delle eventuali differenze retributive maturate.

IL GOVERNO PRETENDE CHE LA MAGISTRATURA NON ESERCITI LA SUA FUNZIONE

Al Governo, però, non piace l’autonomia dei giudici e questo è ormai cosa nota. Con tutta evidenza, però, non piace neppure che la magistratura eserciti il suo compito di interpretazione delle norme esistenti, spesso anche contraddittorie.


A Meloni&Co, evidentemente, sta stretta la differenziazione dei poteri e cerca di subordinare quello giudiziario a quello esecutivo, stravolgendo l’assetto costituzionale del Paese, per certi versi superando addirittura le previsioni della becera proposta di riforma Presidenziale in preparazione.

IL GOVERNO ED IL VIZIETTO DI IMPORRE LE SUE SCELTE

D’altra parte, non è la prima volta che questo Governo tenta di correggere le interpretazioni normative dei Giudici del Lavoro: era successo sia con il Decreto della Vergogna per impedire ai lavoratori Alitalia di rivendicare la continuità occupazionale in ITA, sia con la Legge Finanziaria del 2024 per impedire ai Giudici del Lavoro di decidere sulla stagionalità dei contratti di lavoro, demandando alla contrattazione le scelte sulla stagionalità, indipendentemente dalla durata dei contratti a tempo determinato.

UNA PRATICA INIZIATA DA SACCONI

Questo modus operandi prevaricatorio era stato già avviato dal 2010, con il Decreto Sacconi che, comunque, nonostante la sua gravità, non era arrivato quanto il Governo attuale tenta di fare.

SI IMPEDISCE LA DETERMINAZIONE GIUDIZIALE DELLA RETRIBUZIONE DEI LAVORATORI

Come non bastasse l’emendamento, depositato a nome e per conto del Governo, tenta di impedire ai Giudici di valutare l’inadeguatezza della retribuzione percepita da un lavoratore, sensi dell’art.36 della Costituzione italiana se definita all’interno di un accordo stipulato dalle parti. (“il diritto del lavoratore a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, e che sia sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa”).

 Solo se il Giudice accerta la “grave inadeguatezza” dello standard retributivo potrà determinare quanto è dovuto al lavoratore (…senza, però, che  nella norma si specifichi quando è grave!).

SI REVOCA L’OBBLIGO DEL DATORE DI LAVORO A VERSARE GLI ARRETRATI MATURATI

In ogni caso, però, la norma, con buona pace dei lavoratori, sostiene che “il datore di lavoro non può essere condannato al pagamento di differenze retributive o contributive per il periodo precedente l’invio dell’atto interruttivo della prescrizione… o…la data del deposito del ricorso”.

In altre parole, la pretesa del Governo è che al lavoratore non resti che il diritto di rammaricarsi dei danni subiti. Niente di più.

APPELLO PER PREPARATRE UNA RISPOSTA IMMEDIATA E VISIBILE

IN ATTESA DI UN GRANDE SCIOPERO GENERALE IN AUTUNNO

La Cub lancia un appello ai sindacati di base e a tutte le forze democratiche del nostro Paese: è ora di costruire un argine contro la deriva autoritaria e preparare la cacciata di questo Governo.

I lavoratori hanno urgenza di una reale rivalutazione dei salari, dell’approvazione di un Salario Minimo e di un meccanismo automatico di rivalutazione delle retribuzioni.

Sono urgenti misure di contrasto alla precarietà, allo sfruttamento dei lavoratori, alle discriminazioni di genere, ai tagli sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

ALTRO CHE SCIPPO DEI DIRITTI ACQUISITI!

In attesa di preparate una grande mobilitazione a settembre, è importante da subito costruire una iniziativa visibile e partecipata per fermare tale inaccettabile norma.

17 luglio 2025

CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE

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