Basta collaborazioni con chi bombarda e affama un intero popolo
In un’epoca in cui si rimane indifferenti persino di fronte alle immagini più terrificanti che arrivano da Gaza, può ancora qualcosa la parola? Se così fosse, basterebbero questi versi a lacerarci i cuori:
La bambina il cui padre è stato ucciso
mentre portava un sacco di farina
sulla schiena
Continuerà a gustare
il sangue di suo padre
in ogni pane.
A scriverli è Haidar al-Ghazali, un poeta gazawi di ventun anni. Potrebbe essere uno studente dell’Università di Trento. È diventato celebre per la sua poesia I giovani liberi, che contiene questo passaggio:
Oggi / i giovani liberi si sollevano nelle università / e non verrà promosso / chi non supererà l’esame di umanità.
Insieme al rettore Deflorian, ad essere bocciato in pieno all’esame di umanità è anche il Senato accademico dell’Università di Trento, dopo che ha deciso di non interrompere i rapporti di collaborazione con IBM Israel. Questa collaborazione contiene qualcosa di vertiginoso. IBM ha avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione della macchina di sterminio nazista. Questa verità storica – ricostruita minuziosamente da Edwin Black in L’IBM e l’Olocausto. I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana, libro pubblicato nel 2001 in diversi Paesi, edito lo stesso anno da Rizzoli e non più ristampato in Italia – è diventata persino una verità giudiziaria, quando cinque ebrei scampati ai Lager, due cecoslovacchi, un ucraino e due cittadini statunitensi hanno presentato una denuncia contro IBM accusandola di “complicità nell’Olocausto”, a nome dei circa centomila sopravvissuti.
A questa storia ha alluso di recente anche Francesca Albanese, relatrice ONU per la Palestina, in un’intervista: “Non è una novità che le aziende abbiano tratto profitto dai genocidi, ma pensate a ciò che è accaduto durante l’Olocausto. I processi agli industriali dell’Olocausto hanno aiutato a capire come le aziende abbiano fatto affari sulla tragedia di milioni di ebrei. Ed è scioccante vedere che alcune delle aziende ritenute responsabili nei processi agli industriali dell’Olocausto sono ancora coinvolte nel genocidio dei palestinesi.”
Ora, se lascia sgomenti il fatto stesso che esista IBM Israel; se fa tremare i polsi che il colosso dell’informatica contribuisca oggi ad automatizzare il genocidio del popolo palestinese: cosa dire dell’Università di Trento, che riesce in un colpo solo a tradire la memoria della Shoah collaborando con gli artefici di una nuova Nakba?
Le motivazioni con cui è stata giustificata la continuazione dei progetti di ricerca con IBM Israel le ha fornite il rappresentante degli studenti del Disi Giuliano Campagnolo, tra i componenti del senato accademico. Così sono state riportate dal quotidiano “Il T” il 28 giugno scorso: “In primis – racconta lo studente – il progetto è già attivo e attualmente in corso. Non ci si può ritirare a meno di fornire delle motivazioni”. Motivazioni che, però, “sono codificate a livello europeo. La motivazione politica non è tra quelle che si possono utilizzare per ritirarsi da un progetto in corso”. E la considerazione sul genocidio in corso a Gaza rientra tra gli atti considerati di natura politica. La seconda ragione è “di volontà” ed è legata al fatto che “Non ci sono più accordi diretti con Israele all’interno dell’università ma sono presenti diversi accordi con enti provenienti da Stati che partecipano a guerre o violazioni dei diritti umani” e “bloccarli bloccherebbe gran parte della ricerca universitaria.”
Mentre Deflorian ha ripetuto più volte sulla stampa che le collaborazioni con il sistema universitario-militare-industriale israeliano erano “congelate” e “inattive”, queste in realtà continuano. E non si può smettere di collaborare con enti che favoriscono le guerre perché ciò “bloccherebbe gran parte della ricerca universitaria” (quella ricerca universitaria che per Deflorian sarebbe invece tutta pace e dialogo).
Insomma, per svolgere “gran parte della ricerca universitaria” si deve oggi lasciare la propria morale nel guardaroba dei laboratori.
In poche parole: “Ho fatto solo il mio lavoro”. Questa frase l’abbiamo già sentita. Ma a pronunciarla non è in genere l’eroe o l’eroina dei film che ci piacciono e che ci commuovono.
Gaza non è un film. E la storia è adesso.
Nessuno sfugge a questo esame di umanità.
Basta collaborazioni con il genocidio dei palestinesi.
Trento, 2 luglio 2025 – CUB Trento – Ezio Casagranda; SBM Trento – Fulvio Flammini