Data l’attuale situazione, che da mesi vede la popolazione della striscia di Gaza sottoposta ad attacchi continui in spregio a qualsiasi regolamento internazionale di salvaguardia di ospedali, scuole e di protezione umanitaria, sabato pomeriggio si è volantinato per esprimere solidarietà al popolo palestinese e chiedere le dimissioni di Marco Carrai dalla presidenza della Fondazione Meyer, carica che ricopre da inizio ottobre.
“Siamo qui a manifestare vicinanza al popolo di Gaza, che negli ultimi due mesi ha visto uccisi dall’esercito israeliano duecento professionisti del personale sanitario, colpite oltre cento strutture sanitarie e duecento ambulanze, oltre a 10mila bambini ammazzati e chissà quanti altri ancora da trovare sotto le macerie”, dice Francesco Lazzeri, del Cub Sanità e lui stesso educatore professionale.
“Le testimonianze parlano di bambini amputati senza anestesia, quelli non ancora morti, perché Israele ha ridotto quel territorio ad un cumulo di macerie”, continua l’esponente del Cub. Campeggia un grande striscione, ‘Gaza è un genocidio’. Di fronte, piccoli pacchi avvolti da lenzuoli macchiati di rosso sangue, a simboleggiare i corpi dei bimbi palestinesi uccisi.
Già nel presidio del giorno precedente di fronte all’ospedale di Careggi, le voci delle persone riunite erano concordi sul fatto che Carrai sia incompatibile con quella carica. “Non si degna nemmeno di condannare le stragi quotidiane di civili, in gran parte bambini, causate dai bombardamenti sulla Striscia”, riportava un’attivista libanese, da anni trasferitasi a Firenze.
“C’è chi tira in ballo l’antisemitismo per intorbidire le acque e confondere le idee, ma qui l’antisemitismo, che condanniamo con forza, non c’entra proprio nulla”, conclude Palagi, consigliere comunale di Sinistra progetto comune.
Tra le sigle che hanno partecipato al presidio ci sono Operatori per la Palestina, Cub Firenze, Comitato Io non ci sto, Usi Careggi, Medicina democratica, Cobas, Carc. Nelle ultime settimane sono stati molteplici i presìdi di solidarietà con la Palestina e, dopo Natale, ne seguiranno molti altri.