La rivalutazione dal 2026: numeri che non fanno la differenza
Dal 1° gennaio 2026 le pensioni saranno rivalutate in base all’inflazione, stimata intorno all’1,7 %. Ma dietro questo numero c’è poco da festeggiare: si tratta di un adeguamento minimo, che in termini reali non coprirà neppure gli aumenti di luce, gas e alimentari.
Il governo Meloni, che in campagna elettorale aveva promesso “pensioni minime a 1.000 euro”, si prepara invece a confermare solo una rivalutazione automatica modesta, con incrementi che, per chi vive con il minimo, equivalgono a una manciata di euro.

Un pensionato che oggi riceve la minima, quindi, vedrà appena 10 euro in più al mese. È una cifra che non copre neppure il rincaro di una bolletta, mentre l’inflazione reale degli ultimi anni ha bruciato quasi il 20 % del potere d’acquisto di chi vive con le pensioni più basse.
L’Italia reale: tra bollette, affitti e mense Caritas
Pensionate e pensionati che hanno lavorato una vita, ma che oggi, con meno di 700 euro, devono scegliere se pagare l’affitto o le medicine. Sempre più spesso sono costretti a chiedere aiuto alla Caritas o ad associazioni locali.
Altro che “ripresa economica”: il carovita colpisce duramente le fasce più deboli, e l’aumento previsto per il 2026 è una vera presa in giro!
Non c’è dignità nel dare dieci euro di elemosina di Stato a chi ha costruito questo Paese con anni di lavoro sottopagato, precario o usurante.
Siamo invasi dalla propaganda del governo Meloni che continua a parlare di “difesa della patria”, ma la difesa più urgente sarebbe quella della vita quotidiana delle persone, nella manovra economica si stanziano miliardi per nuovi armamenti e missioni militari, mentre le pensioni minime restano sotto la soglia di povertà, il vero patriottismo “meloniano” ha scoperto la vera faccia: quella dei mercati finanziari e la sottomissione senza vergogna alla politica di Trump, che si accontenta per il Columbus Day.
Ma ritorniamo alle cifre: secondo i dati aggiornati, la spesa per la difesa crescerà fino a 3,8 miliardi di euro in più solo nel 2025, mentre l’intero pacchetto di rivalutazione delle pensioni assorbirà circa 5 miliardi in tutto il Paese — una cifra che, divisa per milioni di pensionati, significa poco o nulla.
Questa è la contraddizione più grande: si spendono fortune per le armi, ma si contano i centesimi per chi non può più permettersi il riscaldamento.
Secondo dati recenti, circa il 6,2 % delle persone con 65 anni e più vive in povertà assoluta — ciò corrisponde a quasi 890.000 anziani in tale condizione.
Inoltre, l’Osservatorio INPS segnala che quasi 4,8 milioni di pensionati percepiscono meno di 1.000 euro al mese — una soglia che, per molti, equivale a “povertà pensionistica”.
Una società che dimentica i suoi anziani non ha futuro.
C’è un’immagine che riassume tutto:
“I nostri nonni, le nostre nonne non riescono più a dare una mancetta ai nostri nipoti. È questa l’Italia che vogliamo?”
Dietro questo slogan di propaganda alla Salvini si nasconde una verità amara.
In un Paese dove l’età media cresce e la natalità crolla, i pensionati non sono un costo, ma un pilastro sociale: aiutano le famiglie, sostengono i figli disoccupati, fanno da ammortizzatore sociale.
Eppure vengono lasciati soli, con assegni che non garantiscono più una vita dignitosa.
Come CUB Pensionati, dalle tante lettere che ci arrivano dai nostri compagni, assistiamo ad un collasso delle famiglie italiane, per questo rivendichiamo:
- Un aumento reale e strutturale delle pensioni minime, almeno fino alla soglia di povertà Istat.
- Una riforma della perequazione che garantisca la piena copertura dell’inflazione per tutti, senza sconti o tagli travestiti da “equità”.
- Lo stop all’aumento delle spese militari e la destinazione di quelle risorse a pensioni, sanità e casa.
- Un piano nazionale contro la povertà degli anziani, con sostegni veri per affitti, bollette e assistenza.
Per quanto ci riguarda, come O.S. ribadiamo che la dignità non si difende con i carri armati, ma con pensioni e servizi che garantiscano una vita serena a chi ha lavorato per una vita intera.
Un Paese che lascia i suoi “anziani” alla Caritas, ma trova miliardi per gli F-35, non è un Paese che guarda al futuro, se si continua così, le risorse destinate al welfare, alla sanità, alle politiche sociali o agli investimenti pubblici rischiano di essere sacrificate.
Intanto, nel paese aumenta la rabbia sociale e sfiducia. Per questo non dobbiamo arrenderci e portare la popolazione a giocare un ruolo importante per la determinazione delle scelte di Stato, della nostra vita reale. Dalle elezioni alle assemblee sia in fabbrica che in ogni contesto che si parli di crescita economica e diritti, ci vuole la partecipazione di massa, l’Italia è sul baratro di una dittatura economica e politica dettata da chi spinge il nostro futuro a guerre, privazione di diritti e povertà. Fermiamoli!
Milano, 14 ottobre 2025
CUB Pensionati