Serve un reale finanziamento alla ricerca pubblica se non vogliamo trasformare università e ricerca in ostaggi delle aziende produttrici di armi
Il problema di fondo, quando si parla del rapporto tra università ricerca e imprese militari, è quello della carenza di fondi per Cnr e atenei, il progressivo definanziamento è stato strategico e funzionale a favorire l’ingresso dei privati, delle aziende produttrici di armi, delle Fondazioni ad esse legate nella vita degli atenei, nei progetti di studio, di ricerca e anche nell’insegnamento tanto che Leonardo investe 2,2 miliardi in Ricerca e Sviluppo.
La premessa indispensabile ad ogni ragionamento è quella dell’urgenza di accrescere il finanziamento pubblico alla ricerca di base, operare delle scelte dirimenti ad esempio non finanziare il Piano nazionale di Ricerca militare del ministero della Difesa a favore invece del Piano nazionale della Ricerca del Mur. La protesta di assegnisti, studenti e studentesse, docenti e ricercatori contro lo strapotere delle industrie di armi nelle università, per porre fine ad ogni collaborazione scientifica e a favore di tecnologie dual use con Israele va sostenuta con forza rilanciando anche la necessità di finanziare la ricerca italiana con progetti non finalizzati alle armi.
L’obiettivo i Leonardo è diventare un driver dell’innovazione, attraverso la creazione di un ecosistema incentrato sulla ricerca per lo sviluppo prodotto e sulla ricerca tecnologica, peccato che queste innovazioni siano destinate per la stragrande maggioranza alla produzione di nuovi sistemi di arma piegando la ricerca pubblica a logiche di morte
La richiesta dei ricercatori del Cnr di sospendere la cooperazione italo-israeliana è stata respinta in sostanza dagli organi direttivi e alla fine «il Cnr non aderisce ad alcuna forma di boicottaggio nei confronti delle istituzioni scientifiche» e per questo parteciperanno al bando per ricerche congiunte finanziato dal ministero degli Esteri con la esclusione delle sole ricerche in ambiti duali o militari.
Una risposta insoddisfacente perchè da una parte non si rivendica una strategia complessiva di finanziamento pubblico statale e si mettono solo alcuni paletti alla straripante presenza delle imprese di armi nella ricerca e negli atenei
La mozione approvata dal CdA del CNR mostra quindi diverse ambiguità pur sostenendo la richiesta di cessare il fuoco e di riprendere i negoziati per una soluzione pacifica e duratura, basata sul diritto internazionale e sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, che garantisca la sicurezza, il riconoscimento e l’autodeterminazione di entrambe le parti.
La mozione finale non prende le distanze da Tel Aviv e si limita a rivendicare la supremazia di quel diritto internazionale che non ha impedito il genocidio del popolo palestinese con circa 34 mila morti.
Ma ci sono altre domande alle quali il Cnr non risponde ad esempio chi decida quale ricerca sia dual use o come sarà possibile far venire ricercatori palestinesi in Italia quando ogni scuola a Gaza è stata rasa al suolo con ospedali distrutti e privati perfino di medicinali e della corrente.
Sostenere come fa il ministro Bernini che l’università è estranea ad ogni forma di boicottaggio è paradossale perchè equivale a piegare la ricerca a fini militari rendendoci complici del genocidio del popolo palestinese in linea per altro con la politica estera del Governo Meloni.
Chiedere la sospensione dell’accordo Italia-Israele del Maeci e le dimissioni di rettori e rettrici dal consiglio di amministrazione di Med-or (la fondazione di Leonardo) è quindi una risposta obbligata per quanti non piegano lo studio e la ricerca a fini di guerra rivendicando al contempo quel piano di investimenti nella ricerca pubblica che i Governi degli ultimi decenni hanno dissanguato a colpi di tagli, di mancati investimenti