La manifestazione di Pisa contro il disegno di legge 1660 e’ in opposizione anche verso l’istituzione della ‘zona rossa’ nell’area della stazione
“Il 14 febbraio scenderemo in piazza per dire no ad uno dei più grandi attacchi al diritto al dissenso della storia repubblicana, un no convinto e trasversale, che viene dalle voci più diverse che abitano e vivono la città di Pisa e non sono sole, in un variegato panorama di mobilitazione nazionale e anche europeo”, recita la nota congiunta tra sindacati e movimenti. “Siamo consapevoli che il ddl 1660 approvato dalla Camera non è un fulmine a ciel sereno ma si inserisce in una linea di provvedimenti repressivi e sperimentazioni di soffocamento del conflitto sociale, tipici di momenti storici di crisi e di inasprimento delle disuguaglianze. Abbiamo però anche chiaro che siamo ad un punto di non ritorno, ed è quindi necessario opporci con tutte le nostre forze a questo provvedimento liberticida e repressivo. Un provvedimento che va a colpire una molteplicità di soggetti e gruppi sociali amplissima, con l’obiettivo di tacitare tutte le voci dissidenti ed escludere ancora di più i gruppi sociali che già si trovano ai margini della nostra società. Chiunque di noi può essere toccato dai provvedimenti contenuti in quella proposta di legge! Chiunque di noi è chiamato a reagire e per questo crediamo che la risposta debba essere collettiva, anche per rafforzare quel senso di comunità solidale che è il primo antidoto contro un senso di insicurezza permanente che ormai si è diffuso nella società”.
“Da due a sei anni per chi si procura o detiene istruzioni su metodi di sabotaggio di servizi pubblici essenziali; da due a sette anni per chi si trova ad abitare in una casa senza avere un titolo, anche quando il contratto c’era ma è venuto a mancare (indipendentemente dal motivo), così come è punito chiunque agevoli questa occupazione in qualunque modo, anche ad esempio con un picchetto anti sfratto; fino a due anni (nell’ipotesi in cui ad agire siano più persone insieme) per chi blocca una strada con il proprio corpo (è evidente lo scopo di colpire le pratiche di attivisti per il clima e di lavoratori e lavoratrici, soprattutto della logistica, che lottano per i loro diritti), da due a sei anni per favoreggiamento dell’accattonaggio, fino ad otto anni per rivolta in carcere (dove però per rivolta si intende anche la mera resistenza passiva o il tentativo di evasione commessi da tre o più persone), da uno a sei anni (quattro per chi si limita a partecipare) se invece ciò accade in un centro per il rimpatrio”.