I ritardi sono facilmente spiegabili con quella miseria dell’indennità di vacanza contrattuale che non rappresenta certo un deterrente per il ritardo dei rinnovi, basti pensare che in un solo anno i tempi di attesa sono passati da 18,3 a 27,9 mesi; per il totale dei dipendenti da 9,6 a 12mesi. Se l’indennità ammontasse a 60 euro netti mensili in busta paga per il primo anno, 120 euro per il secondo e 240 per il terzo, se queste cifre non fossero parte degli aumenti contrattuali ma una sorta di compensazione del mancato rinnovo, probabilmente i tempi di attesa sarebbero assai inferiori agli attuali ma per un ragionamento del genere dovremmo mettere in discussione gli accordi, sottoscritti anche dalla Cgil anni or sono.
✔️ Indennità di vacanza contrattuale (IVC): Parliamo di un compenso provvisorio a sostegno del reddito minacciato dall’inflazione. Davanti all’aumento del costo della vita non esiste alcun meccanismo automatico a salvaguardia del salario, dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025, l’importo stabilito è lo 0,6 per cento dello stipendio tabellare per passare all’1 per cento dal 1 luglio dello stesso anno. Se l’importo fosse moltiplicato per cinque i ritardi sarebbero assai inferiori, se poi la somma non venisse assorbita dagli stanziamenti previsti nel rinnovo del contratto, la situazione cambierebbe e a favore della forza lavoro lasciando ben pochi spazi alle associazioni datoriali e all’Aran.
La retribuzione oraria media nei primi 9 mesi è cresciuta del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, se vediamo il reale costo della vita siamo al di sotto di cifre che permetterebbero di salvaguardare il potere d’acquisto e prova ne sia che le retribuzioni contrattuali orarie crescono solo del 2,6% in ben 12 mesi. Ironia della sorte questi dati includono due settori nei quali gli aumenti sembrano più elevati, ad esempio i ministeri e il settore della difesa. Nell’arco di un anno la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali ha subito un forte rallentamento al pari del settore industriale. Le retribuzioni contrattuali in termini reali a settembre 2025 restano al di sotto dell’8,8% ai livelli di gennaio 2021.
La condizione dei lavoratori dalla pandemia ai nostri giorni è andata solo peggiorando e il contenimento del danno derivante dalle politiche di austerità si è dimostrato un fallimento come dimostra l’erosione del potere d’acquisto e il rimpianto, sempre più diffuso, per dei meccanismi automatici di adeguamento dei salari al costo della vita come era appunto la scala mobile.
Anche per questo la CUB sciopera il 28 Novembre.
