In Consiglio dei ministri è stato approvato ieri, 2 febbraio, il disegno di legge che porta la firma del leghista Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali, con alcune modifiche rispetto alla bozza diffusa già lunedì 31 gennaio
“Con il disegno di legge quadro sull’autonomia puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa“, commentano dalla maggioranza ma in Parlamento l’opposizione ha già contestato l’impianto della riforma, così come alcuni governatori regionali, in testa De Luca, Emiliano e Bonaccini. Critiche anche da parte dei sindacati, con Landini che parla di “progetto sbagliato”. A sostenere il ddl invece Fontana, candidato per il centro-destra alle imminenti elezioni regionali in Lombardia, Zaia, governatore del Veneto, Cirio dal Piemonte e Tesei, presidente della regione Umbria.
I livelli essenziali di prestazione-Lep
A dividere in particolare è il nodo del finanziamento dei Lep, che in base al dettato costituzionale devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale a tutela dei “diritti civili e sociali” della cittadinanza e la cui entità andrebbe definita a monte delle richieste di autonomia, in base alle esigenze dei diversi territori regionali. Il ddl concede al Governo un anno per definire i Lep ma altresì consente alle singole Regioni di formulare un accordo a prescindere dall’approvazione o meno del decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe stabilirne il quantum. Ne consegue che in tal modo i finanziamenti potranno essere assegnati in base alla spesa storica della Regione per il corrispettivo ambito di autonomia, così assicurando maggiori finanziamenti ai territori settentrionali, dotati di maggiori risorse e con una spesa storica più elevata, e meno a quelli meridionali, dove da sempre le risorse sono inferiori e gli investimenti anche.
Quali i concreti rischi
Il ddl non richiede esplicitamente alle Regioni di avere i conti in ordine e di non essere state precedentemente commissariate relativamente alle materie di cui si fa richiesta. Tra queste rientrano istruzione, sanità, produzione di energia e tutela ambientale. Per la scuola ad esempio il rischio è che si apra a un processo separatista con disparità di programmi a livello regionale e differenti sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati. I livelli essenziali infatti non sono stati definiti dal legislatore nazionale in alcun ambito, a eccezione di quello sanitario senza però riuscire a evitare la creazione di un servizio sanitario disomogeneo.
“In un contesto così frammentato, l’impostazione dell’autonomia differenziata proposta dal governo risulta intrinsecamente rischiosa – commenta Marcelo Amendola, segretario nazionale della Cub – si tratta dell’ennesima dimostrazione di quale è la vera natura di questo Esecutivo, che divide anziché unire. E un Paese come il nostro non può e non deve essere assoggettato a queste dinamiche corporative di stampo medievale.“
Leggi la ripresa Ansa Milano del 4 febbraio 2023