Referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025, al centro il tema del lavoro
I 5 quesiti referendari, sui quali i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi domenica 8 e lunedì 9 giugno, hanno come oggetto l’abrogazione di alcune norme sul tema del lavoro, due di queste risalgono all’introduzione del Jobs Act nel 2016, mentre il quinto e ultimo quesito riguarda la modifica della legge attualmente in vigore sull’acquisizione della cittadinanza italiana per i residenti stranieri, per cui sarebbero richiesti 5 anni di permanenza sul territorio nazionale anzichè gli attuali da 10.
Trattandosi di referendum abrogativi, ciascuno di essi per essere dichiarato valido dovrà registrare un’affluenza corrispondente al 50% più uno degli aventi diritto al voto, indipendentemente dal risultato finale delle consultazioni
I 4 quesiti sul lavoro
1. Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione
Il quesito propone di abrogare la disciplina vigente che impedisce, nelle imprese con più di 15 dipendenti, di reintegrare lavoratori o lavoratrici licenziati in modo illegittimo, se questi sono stati assunti a partire dal 7 marzo 2015, anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta, o infondata, l’interruzione del rapporto; i dipendenti in questione hanno diritto esclusivamente a un indennizzo compreso fra 6 e 36 mesi di stipendio, in base all’anzianità di servizio nell’azienda (tali norme erano state introdotte dalla riforma Jobs Act).
Nel caso in cui il referendum venisse approvato, verrebbe ripristinata la precedente normativa, riferita all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, successivamente modificato dalla Legge Fornero del 2012: in questo modo, tornerebbe a valere per tutti i lavoratori la possibilità della reintegrazione nei casi di licenziamento illegittimo.
2. Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale
Il quesito propone di abrogare la disciplina vigente che impone un limite all’indennità per i lavoratori e le lavoratrici licenziati in modo illegittimo nelle piccole imprese (con meno di 16 dipendenti) dove in tali casi si può ricevere un risarcimento massimo pari a sei mesi di stipendio, anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto.
Nel caso in cui il referendum venisse approvato, la responsabilità di stabilire l’indennizzo verrebbe ceduta al giudice, che stabilirebbe l’ammontare del risarcimento senza limiti economici bensì sulla base di criteri quali età, carichi di famiglia e capacità economica dell’azienda.
3. Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi
Il quesito propone di abrogare alcune delle regole vigenti sull’utilizzo dei contratti a termine, che li rendono stipulabili fino a 12 mesi senz’alcun obbligo di causali che giustifichino il lavoro temporaneo da parte del datore di lavoro, nemmeno in un eventuale giudizio (tali norme erano state introdotte dalla riforma Jobs Act).
Nel caso in cui il referendum venisse approvato, l’obbligo di indicare il motivo del ricorso ad accordi a termine verrebbe nuovamente esteso anche ai contratti e ai rapporti di lavoro di durata inferiore ai 12 mesi e verrebbe eliminata la possibilità per le parti individuali coinvolte di individuare giustificazioni per la stipula, la proroga o il rinnovo di tali contratti, limitando così il ricorso agli accordi a tempo determinato.
4. Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazio
Il quesito propone di abrogare la norma vigente che stabilisce la responsabilità solidale di committente, impresa appaltante e subappaltatori nei casi di infortunio sul lavoro o di malattie professionali che coinvolgono i lavoratori dipendenti dell’appaltatore o del subappaltatore, qualora essi siano privi di copertura assicurativa da parte dell’Inail o dell’Ipsema.
Nel caso in cui il referendum venisse approvato, la responsabilità di tali infortuni verrebbe estesa anche al committente, che dovrebbe quindi risarcire i danni subiti dai lavoratori anche se derivanti da rischi specifici dell’attività produttiva delle imprese appaltanti o dei subappaltatori.
Il quesito n. 5 sulla cittadinanza italiana
Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana
Il quesito propone di abrogare alcune delle norme vigenti relative alla concessione della cittadinanza italiana ai cittadini di origini straniere, stabilite dalla legge 91/1992, per cui gli stranieri maggiorenni adottati da italiani possono richiedere la cittadinanza dopo cinque anni di residenza (art. 9, comma 1b) mentre tutti gli altri stranieri provenienti da Paesi extra Ue devono aver risieduto legalmente per almeno dieci anni nel Paese al fine di fare domanda (art. 9, comma 1f); in quest’ultimo caso, i minori di origini straniere che non hanno già acquisito la cittadinanza tramite i genitori per ius sanguinis, devono attendere di compiere 18 anni e, al momento della domanda, dimostrare di aver sempre vissuto in Italia).
Nel caso in cui il referendum venisse approvato, l’articolo 9 verrebbe modificato, cancellando parte del comma 1b (le specifiche sull’adozione da cittadini italiani) e tutto il comma 1f, riducendo così da dieci a cinque anni per tutti i cittadini stranieri maggiorenni il periodo di residenza legale in Italia necessario a chiedere la cittadinanza italiana.
In questo modo, verrebbero ripristinati i requisiti stabiliti per la prima volta dal Codice civile del 1865 e il diritto di cittadinanza verrebbe esteso anche ai figli minorenni dei richiedenti; comunque, verrebbero mantenuti tutti gli altri criteri necessari a presentare la domanda, e cioè la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un adeguato reddito, il pagamento regolare delle tasse nel Paese, la fedina penale pulita e uno status che non rappresenti minacce per la sicurezza della Repubblica.
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