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Rete sindacale internazionale: in Pakistan violati diritti elementari

Chianciano, Incontro della Rete sindacale internazionale – Tra i Paesi asiatici da cui sono arrivati a Chianciano vari delegati sindacali era presente anche il Pakistan, con il segretario generale della All Pakistan Federation of United Trade Unions, Zia Syed che ha descritto, ancor prima delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, la situazione politica generale del suo Paese, in cui la democrazia, il diritto al confronto alla pari tra formazioni politiche e l’imparzialità della giustizia sono miraggi, un Paese dove le formazioni politiche e sindacali non allineate sono tenute ai margini se non perseguite.

In Pakistan vivono circa 250 milioni di persone, le classi lavoratrici sono costituite da almeno 90 milioni di addetti all’industria, con uno stipendio medio mensile di 50 dollari; altri 30 milioni di lavoratori sono impiegati nei servizi pubblici – scuola, sanità, trasporti – e privati e lo stipendio medio è di 100 dollari al mese. Le federazioni sindacali sono una ventina e i settori industriali e lavorativi di riferimento arrivano a un migliaio, di cui un decimo di proprietà dell’esercito e dedicate alla produzione di armi e manufatti militari.

I lavoratori, spiega Zia Syed, sono costretti a condizioni paragonabili a quelle che in Europa potevano sussistere un secolo fa e sono quasi completamente privi di tutele sindacali e legali come avveniva ad esempio sotto le dittature fasciste negli anni 20 e 30 del Novecento. In Pakistan non hanno voce i movimenti e i partiti progressisti e nelle fabbriche gli operai sono considerati come proprietà e trattati come merce, in alcuni cassi anche di scambio tra stabilimenti e settori differenti, in base alle esigenze dei padroni.
Succede che lavoratori chiedano un anticipo sullo stipendio, in cambio di doppi turni e straordinari ma una volta trascorso il periodo di extra lavoro pattuito, per loro non è più possibile tornare al carico orario precedente. Nel caso provino a protestare per il ripristino del carico di lavoro nei termini del contratto, quando vi sia, il padrone si sente legittimato a chiamare la polizia che abitualmente non raccoglie la richiesta d’aiuto del lavoratore sfruttato e in pratica sotto ricatto a causa del debito contratto. 

In generale nella società pakistana non vige la giustizia sociale e crescono l’inflazione, la povertà e lo sfruttamento del lavoro minorile, il tutto sotto il controllo costante dell’esercito. Una situazione estremamente critica e che vede violati i principi della legalità e i diritti civili, con il conto delle persone arrestate e scomparse che è arrivato a 10.000.

Essere presenti a questo incontro, poterci confrontare con così tante realtà lavorative e sindacali e discutere con i delegati di così tanti Paesi è per noi molto importante – dice Zia Syed – già il fatto di comunicare all’esterno dei nostri confini quale sia la reale condizione in cui vivono milioni di cittadini e lavoratori costituisce un enorme sostegno alla causa per cui ci battiamo ossia il miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro, delle quali quasi nulla trapela all’estero. Per questo non posso evitare di condividere qui la delusione a seguito della recente visita, lo scorso aprile, agli stabilimenti pakistani da parte di delegazioni appartenenti all’ITUC (International Trade Unione Confederation) – che intrattiene stretti rapporti con le Federazioni Sindacali Globali e con il Comitato Consultivo Sindacale dell’OCSE (TUAC) oltre a collaborare strettamente con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e con diverse altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite – dal cui report finale non sono emerse le gravi criticità che condizionano l’esistenza di milioni di cittadini e lavoratori pakistani.”

 
 

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