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Se il rilancio del Pubblico si avvale di strette che invece lo depotenziano

Nella relazione annuale sui servizi pubblici, il presidente del Cnel Renato Brunetta giudica alquanto carente la cultura della manutenzione presentando un quadro con molte ombre soprattutto in merito ai processi innovativi giudicati improcrastinabili per la Pa italiana e rispetto ai quali i ritardi sono evidenti.

Sulle pagine del Sole 24 Ore il ministro Zangrillo ha ripreso le dichiarazioni di Brunetta auspicando che la PA nel suo complesso proceda sulla strada della modernizzazione adeguandosi a nuove esigenze non meglio precisate.

Fin qui nulla di nuovo, potremmo parlare di considerazioni vaghe e anche astratte ma dovremmo andare oltre le parole di circostanza perchè quando si dice di mettere la centro dell’operato pubblico la persona si intraprende una strada impervia, un po’ come accaduto con il privato sociale con la cessione al mondo cooperativo di innumerevoli servizi un tempo a gestione diretta.

Il rilancio e la valorizzazione del settore pubblico dovrebbero partire da ben altri presupposti ossia affrontare i servizi nel loro complesso, servizi poi non prettamente individuali ma collettivi, rivolti a utenze variegate ma pur sempre di massa.

Cosa significa allora mettere al centro la persona? Ipotizzare servizi individuali quando invece la carenza riguarda l’intera PA e in particolare settori come la ricerca e la sanità?

Dopo anni di blocco delle assunzioni e della contrattazione la Pa ha organici inadeguati e buste paga leggere, avere allontanato l’uscita dal lavoro con la Fornero ha salvaguardato le casse pubbliche, come un grande aiuto viene rappresentato dal ritardo nella erogazione del Trattamento di Fine servizio lasciando la forza lavoro in balia dei prestiti bancari solo per avere accesso ad un diritto costituzionale.

E poi cosa intendiamo per ” sviluppare progetti innovativi” quando in molti uffici e servizi non si riesce ad investire in processi tecnologici e si lesina perfino sulla concessione della modalità lavorativa agile?

Nei vari comparti della PA il numero dei precari è ancora assai elevato e a tal riguardo ci sono anche richiami della UE sul diverso, e iniquo, trattamento riservato proprio al personale non di ruolo nella scuola.

 Dopo anni di decrescita è ripresa a salire la speranza di vita, rispetto a qualche anno fa sono cresciuti i diplomati e i laureati ma da qui ad ipotizzare una vera inversione corre grande differenza. Se si considerano occupati anche quanti lavorano pochi giorni all’anno le statistiche non possono essere prese sul serio, i divari di genere poi, per quanto ne dicano al Governo, sono ancora elevati e superiori alla media UE.

Ma avere conseguito un diploma o una laurea non significa costruire dei percorsi lavorativi attinenti al titolo di studio e anche questo punto viene deliberatamente taciuto, non basta qualche docente o rettrice o preside in più per dichiarare di avere superato i divari di genere.

E i diritti sociali non sono mai stati deboli come oggi, anzi sono addirittura scomparsi in ogni forma rivendicativa di carattere sociale.

Dopo la pubblicazione del rapporto Gimbe sulla sanità arriva una sorta di mezza ammissione di Brunetta laddove dichiara che le risorse finanziarie dedicate agli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda Onu 2030 sono spesso inferiori alla media europea, soprattutto nel settore della sanità, dove, nonostante la spesa pubblica sia aumentata dal 2020, rimane tra le più basse d’Europa.

Senza un servizio sanitario efficiente la spesa delle famiglie va a beneficio del settore privato e della sanità integrativa, la spesa poi per l’istruzione continua ad essere inferiore, e non di poco, rispetto alla media europea.

Si parla quindi con approssimazione del processo di irrobustimento delle amministrazioni pubbliche quando manca personale in ogni comparto e soprattutto in quello sanitario.

Non è dato sapere cosa invece intenda Brunetta per ” rinnovata cultura della manutenzione”, il valore sociale dell’intervento pubblico viene svalorizzato da innumerevoli decisioni, dai ritardi cronici per la realizzazione di nuovi ospedali, nuove scuole, per restituire laboratori e palestre moderne alle giovani generazioni. 

Le responsabilità della mancata manutenzione infrastrutturale è invece risultato di scelte errate e di lungo periodo, basterebbe vedere lo stato in cui si trova la rete idrica nazionale, ricordare i doppi turni, mattina e pomeriggio, in alcune regioni del Sud , e non solo, per mancanza di spazi nell’edilizia scolastica, l’assenza di un piano di edilizia popolare (l’ultimo risale a oltre 60 anni fa), l’idea stessa di rigenerazione urbana che costruisce una idea di città a uso e consumo della speculazione immobiliare o comunque del privato.

Capiamo invece dalle parole di Brunetta una sorta di abdicazione del pubblico tanto che si parla di rinnovate logiche di Public Private Partnership (Ppp) o si ipotizza di affidare la cura manutentiva alle Camere di commercio.

Non siamo davanti al rilancio dell’intervento pubblico ma piuttosto alla sua progressiva marginalizzazione.

Pisa, 14 ottobre 2024

CUB P.I. Pisa

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