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Turni di reperibilità: Condizionamento illecito della vita personale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21934 del 31 luglio 2023, ha stabilito che è dovuto un risarcimento al lavoratore se il datore impone numerosi turni di Reperibilità tali da alterare il recupero psicofisico, riposi, e il godimento di un soddisfacente tempo libero dal lavoro per la propria sfera di vita privata.

Un numero eccessivo di turni di reperibilità “per periodi che almeno in media sono pari a circa metà di ogni mese, o più”. Le sentenza stabilisce un limite quantitativo ai turni di Reperibilità e non richiede in astratto alcuna allegazione del danno subito.

La Reperibilità è disciplinata nei contratti collettivi di lavoro. Ad esempio, il CCNL delle TLC non consente il rifiuto da parte del Lavoratore e non c’è un limite quantitativo alle turnazioni di Reperibilità. La Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza del Riposo, affermando che il datore di lavoro è tenuto a risarcire il dipendente se gli impone un numero eccessivo di turni di reperibilità, che interferiscono con il suo diritto al Riposo: ha stabilito che l’eccessiva richiesta di reperibilità impedisce al lavoratore di vivere appieno la sua vita personale, costituendo una violazione dell’art. 2 della Costituzione Italiana, oltre che delle norme europee e internazionali. La sentenza, infatti, afferma:
Nel caso di specie, attraverso “turni” di reperibilità per periodi che almeno in media sono stati pari a circa metà di ogni mese, se non di più, si è determinata una situazione che realizza un condizionamento illecito della vita personale, perché le dimensioni dell’impegno sono state tali da impedire la possibilità stessa di fare liberamente cose ad una certa distanza territoriale dal posto di lavoro; ma poi, Riposo nel suo significato più pieno e completo, significa allontanamento anche mentale dalla necessità di mantenersi a disposizione del datore di lavoro e l’entità dell’impegno di cui si è detto impedisce inevitabilmente il realizzarsi di tale fine”.

In poche parole, non vi era la necessità che il ricorrente allegasse alcunché di specifico, perché quella misura dell’impegno di disponibilità è la negazione in sé di un tratto della vita personale e dunque un danno alla personalità morale del lavoratore, per essersi perduto il riposo ed essersi in tal modo realizzata un’interferenza illecita nella sfera giuridica inviolabile altrui (art. 2 Costituzione italiana).

La sentenza della Cassazione ha affrontato un caso specifico, dove, nonostante la contrattazione collettiva ammettesse variazioni nel numero di turni di Reperibilità – con compenso economico per l’eventuale mancato Riposo la loro effettiva gestione ha portato ad una chiara interferenza nella vita privata del lavoratore.

Per chi fosse interessato o per ulteriori informazioni contattare:

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