Sono terminati i tre giorni di assemblea nazionale della Confederazione Unitaria di Base, in cui i numerosi delegati giunti all’appuntamento hanno espresso il proprio punto di vista e raccontato la situazione che si sperimenta nei rispettivi territori di provenienza. Un confronto a tratti molto acceso, che ha riguardato in larga parte le scelte rispetto all’organizzazione interna della Cub e le proposte su quale tipo di politiche intraprendere rispetto alle oggettive difficoltà di un sindacato di base a poter incidere efficacemente nelle battaglie per il miglioramento delle condizioni di lavoro e rispetto alla perdita dei diritti e della rappresentanza nei luoghi di lavoro e nella società
La crescente disaffezione di massa dei lavoratori dalla partecipazione alle lotte per la riaffermazione dei diritti nei luoghi di lavoro è andata negli anni di pari passo con la frammentazione del mondo del lavoro, caratterizzato dalle più diverse tipologie contrattuali, quando un contratto c’è, al ricorso tuttora diffuso al lavoro nero privo di qualsiasi tutela, soprattutto nel Sud, all’indebolimento di una coscienza di classe, all’individualismo imposto come modello dominante in ogni ambito dell’esistente e alla conseguente riduzione della capacità di incidere per un miglioramento delle comuni condizioni, in generale con la riduzione ai minimi della forza contrattuale, complice anche il quadro normativo che limita fortemente il diritto di sciopero, la rappresentanza sindacale e la democrazia nei luoghi di lavoro.
Il precariato è sempre più diffuso, come il ricorso a manodopera straniera, spesso priva di riconoscibilità e di diritti sociali prima ancora che lavorativi, aumenta la pratica delle esternalizzazioni e degli appalti ed è evidente lo sgretolamento del mondo industriale e produttivo a cui si accompagna da decenni la svendita di interi comparti produttivi al miglior offerente, tutte pratiche che non hanno fatto che aumentare la povertà e le diseguaglianze. A questo si aggiungano il mancato adeguamento dei salari al costo della vita, un sistema di welfare sempre meno efficace e inclusivo, che danneggia tanto gli utenti quanto i lavoratori che ne fanno parte, il dilagare delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni senza regole, la crisi abitativa e l’abbattimento delle regole di sicurezza sui luoghi di lavoro, condizioni che hanno condotto a un generale peggioramento del quadro complessivo in cui ci si è chiamati a intervenire per dare risposte concrete.
Proposte di intervento
Due erano le tesi che al congresso nazionale della Cub hanno a tratti polarizzato la discussione, partendo dalla comune lettura del dato oggettivo di realtà ma con proposte divergenti sul percorso da intraprendere per provare a invertire la rotta, per rilanciare l’attività svolta dalle federazioni e crescere come sindacato che intenda rilanciare la mobilitazione nei luoghi di lavoro e provare a imporre una nuova agenda politica ai vari governi che si sono succeduti e che proseguono nel solco di politiche più o meno marcatamente filo-padronali.
Da una parte la proposta contenuta nella mozione presentata da Mattia Scolari, segretario provinciale della Cub milanese, che ha sottolineato il rischio derivante dal seguire logiche padronali volte alla scomposizione e divisione nei luoghi di lavoro, ritenendo per questo necessario per la Cub mantenere una posizione di alterità rispetto alle organizzazioni sindacali firmatarie del Testo Unico sulla Rappresentanza nei luoghi di lavoro del 10 gennaio 2014, evitando in tal modo di snaturare la connotazione originaria del sindacato di base e riaffermando invece i principi di democrazia e libertà nei luoghi di lavoro. Altrettanto da rifiutarsi la proposta avanzata di discussione all’interno delle singole Federazioni sull’opportunità o meno di accorpamenti, considerati portatori di una logica verticistica e potenzialmente foriera di problematiche in merito alla nazionalità dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori.
La proposta di cui Scolari si è fatto portavoce all’Assemblea, al contrario, prevedeva lo sviluppo di una concreta confederalità su base provinciale senza peraltro immaginare la formazione di una Federazione dedicata a coloro che, come lavoratori, disoccupati o percettori di reddito di cittadinanza, non siano ascrivibili alle categorie esistenti. Sarebbero in sostanza gli organismi già presenti a dover promuovere politiche volte a lottare per tematiche di carattere generale quali il reddito garantito, il miglioramento del sistema di ammortizzatori sociali etc. Anche la compresenza sui territori di servizi sussidiari all’attività sindacale, quali quelli per le pratiche fiscali e assistenziali, viene considerata elemento non conforme alle pratiche di lotta proprie di un sindacato di base e conflittuale, proponendo invece di investire nella formazione dei delegati e nella promozione di strumenti utili ai quadri sindacali per operare adeguatamente nei luoghi di lavoro oltre che nella creazione di una commissione legale per dare sostegno alle federazioni territoriali nella lotta per la rappresentanza sindacale.
Dall’altra la mozione presentata da Antonio Amoroso, segretario nazionale della Cub Trasporti, che si è fatto portavoce delle istanze di cambio di passo per la Cub ai fini del coinvolgimento e della propulsione alla mobilitazione, tanto nelle numerose vertenze aperte nelle varie categorie quanto a livello più generale, favorendo al contempo l’unità di iniziativa con le altre organizzazioni del sindacalismo di base, sia nazionali che attive in altri Paesi.
Nella mozione presentata da Amoroso sono state riassunte le proposte per una serie di interventi organizzativi utili a predisporre il rilancio dell’attività della Confederazione, sui quali, come emerso già nel dibattito dei giorni precedenti in cui sono intervenuti a parlare oltre una settantina di delegati, non è stata trovata una sintesi unitaria, seppur invocata da più parti. Innanzitutto è stata sottolineata l’urgenza e la necessità di predisporre la costruzione di una Federazione ‘sociale’, in grado di dare rappresentanza a donne e uomini che non trovino collocazione nelle Federazioni del lavoro e del non-lavoro, anche per supplire alle forti disparità di condizioni tra Nord e Sud del Paese, destinata ad acuirsi se verranno accolte le proposte del Governo sull’autonomia differenziata.
Secondo punto la definizione di comparti che, “entro il 2025, possano accogliere l’eventuale disponibilità di alcune categorie a unificarsi” per tentare di superare l’attuale frammentazione esistente e raggiungere una soglia dimensionale adeguata a produrre un intervento efficace nell’attuale situazione di crisi.
Terza proposta riguardava l’individuazione di un sistema per la contribuzione da parte delle singole organizzazioni alla Confederazione, in modo da garantirne il funzionamento.
Infine il punto più controverso, che nei tre giorni di assemblea ha suscitato le maggiori contrapposizioni tra i delegati: la discussione da affrontare in merito alla mancanza di democrazia nei luoghi di lavoro, che di fatto priva del diritto di rappresentanza sindacale migliaia di lavoratori in ogni ambito del lavoro privato.
L’assenza di una Legge sulla rappresentanza non è infatti stata superata nemmeno a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2013, che pure condannava la possibilità di cancellare i diritti delle organizzazioni sindacali non firmatarie degli accordi esistenti. È emersa su questo punto una spaccatura netta tra i delegati, che hanno espresso posizioni tra loro opposte sul percorso da intraprendere. “La Cub – così Amoroso leggendo la mozione di cui era portavoce – ha la consapevolezza e l’obbligo statutario di non imporre una scelta peraltro impossibile da estendere alle organizzazioni sindacali aderenti. Molti interventi hanno però rilanciato l’esigenza della lotta per la democrazia all’interno dei luoghi di lavoro e l’opportunità, oltre che l’obbligo, che la scelta sia demandata alle singole organizzazioni sindacali, non prima di una consultazione con i lavoratori a cui si dovrà dare spazio assicurando la rappresentanza delle diverse posizioni esistenti, indipendentemente dal rapporto tra maggioranze e minoranze determinatesi nei vari settori”.
Conclusione dei lavori congressuali
Non trovandosi un compromesso tra le posizioni espresse, al termine dell’Assemblea si è passati alle votazioni da cui è emersa una maggioranza a favore della mozione presentata da Antonio Amoroso, con l’auspicio di un prosieguo del dibattito per raggiungere posizioni condivise che rispondano alla storia di inclusione che caratterizza la Cub fin dal suo nascere.
I prossimi passi dovranno essere quindi volti al lavoro comune per affrontare la complessa realtà in cui viviamo operando per riportare in primo piano nelle fabbriche e in piazza la lotta per il cambiamento delle condizioni date.
Leggi le mozioni approvate all’unanimità dall’Assemblea:
MOZIONE CONTRO LA GUERRA;
MOZIONE SUL DISASTRO FERROVIARIO IN GRECIA.