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Commissione Lavoro e Previdenza Sociale-Senato della Repubblica

Il decreto, con l’istituzione di un reddito di cittadinanza e con la nuova forma di pensionamento (quota 100), interviene in misura simbolica sulla diffusione della povertà nella popolazione italiana e sul furto degli anni precedenti sul versante delle pensioni.

L’impoverimento assoluto e relativo dei lavoratori è un fenomeno reale, reso evidente da numerosi indicatori relativi alla dinamica del reddito pro-capite, dei salari nominali, dei salari reali in riferimento alla produttività del lavoro, della quota del lavoro sul PIL e soprattutto dalle condizioni reali che i ceti popolari vivono sulla propria pelle.
Il salario reale dei lavoratori in Italia cresce sempre meno dagli anni ’70, i contratti di lavoro subiscono ritardi di anni e registrano aumenti che non coprono nemmeno la perdita del potere d’acquisto accumulata. Chi lavora in Italia è effettivamente sempre più povero per scelta del capitale italiano, condivisa dai governi di turno, di restare competitivo sul mercato mondiale puntando solo sulla riduzione dei salari, su una politica fiscale a vantaggio dei redditi alti e delle società di capitale, sull’aumento della disoccupazione, sulla precarizzazione del lavoro e sul taglio del welfare a partire da pensioni, sanità, casa, istruzione ecc.

CUB da tempo contrasta tali scelte con proposte, iniziative e scioperi.
L’intervento sulle pensioni e il reddito minimo, in questo contesto, può rappresentare un freno alla tendenza di riduzione dello stato sociale e di salario indiretto solo se costituirà un primo intervento cui farne seguire altri per cambiare ciò che negli ultimi tre decenni ha costituito, insieme alla precarizzazione del mercato del lavoro, una costante della politica economica italiana, che ha comportato il declino della quota salario sul Pil e la perdita di potere contrattuale da parte dei lavoratori, con inevitabile impatto sui salari.

REDDITO DI CITTADINANZA
Cub ritiene che quello proposto non possa definirsi reddito di cittadinanza perché non è garantito indistintamente a tutti i cittadini senza vincoli, compreso quelli di reddito. La palese insufficienza delle risorse stanziate rende evidente la scelta di non attaccare l’attuale stato di distribuzione delle ricchezze e ciò si traduce in una limitazione della platea degli aventi diritto, in una limitazione temporale della proposta e in una penalizzazione delle famiglie numerose.

Cub ritiene perciò che in fase di approvazione si debba:
• Cancellare/ridurre e modificare i requisiti eccessivamente stringenti e vincolanti quali dimora, residenza in Italia, tempistica del consumo ecc.
• Garantire una maggior equità verso le famiglie, aumentando i valori della scala di equivalenza, garantire che il lavoro proposto sia adeguato al livello di formazione e/o esperienza, il salario corrispondente rappresenti un miglioramento reale della condizione economica; và evitato che la lontananza dal luogo di lavoro si ‘mangi’ il reddito.
• Cancellare la possibilità di trasferire ai padroni e alle agenzie interinali l’equivalente del reddito previsto per il disoccupato; si rischia altrimenti di fare un favore a chi si avvantaggerebbe di un’ulteriore variante di precarietà.

QUOTA 100
Il decreto non abolisce la legge Fornero e interviene in misura simbolica sull’impianto con il quale è stata aumentata l’età di accesso alla pensione, cambiato il sistema di calcolo per ridurre il suo valore e lanciata la pensione sostitutiva con lo scippo del tfr dei lavoratori.
Anche sulle pensioni Cub rileva la mancanza di un progetto definito per superare la legge Fornero e ripristinare un sistema pensionistico in grado di garantire un futuro certo ai lavoratori. I giovani che oggi faticano a entrare nel mondo del lavoro, i tanti non più giovani, costretti a lavori precari e a bassi salari avranno una copertura pensionistica certamente inadeguata e bassa. Poveri da giovani e ancor più poveri da anziani.
Ciò rende casuali anche la nuova forma di pensione anticipata con la quota 100, la cristallizzazione dell’aspettativa di vita e la riapertura della possibilità del riscatto dei contributi.

Premesso che Cub rivendica la pensione a 60 anni o 35 di contributi e con calcolo retributivo, in fase di approvazione del decreto propone di:
• Unificare le condizioni di accesso alla pensione privati/pubblici.
• Garantire l’erogazione del tfs alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, senza onere alcuno a loro carico.
• Cancellazione dei tagli all’indicizzazione annuale al costo della vita.

Cub rivendica interventi mirati all’aumento dell’occupazione attraverso la riduzione dell’orario di lavoro settimanale a parità di salario, il controllo dell’organizzazione del lavoro, la lotta alla precarietà e l’affermazione di un lavoro stabile e tutelato, un piano straordinario di investimenti pubblici per la messa in sicurezza del territorio, del patrimonio abitativo e della sicurezza del lavoro, un piano nel settore pubblico per reinternalizzare i servizi appaltati e per assumere i lavoratori precari.
Il problema del salario rappresenta un tema ineludibile, i salari devono tornare a crescere invertendo il percorso di discesa che dagli anni ‘80 li caratterizza a tutto vantaggio dei profitti, aumentati di 10 punti rispetto al Pil. I salari devono tornare a essere indicizzati.
Se guardiamo al 2016, per esempio, le retribuzioni pro capite depurate dell’inflazione sono state più basse di 600 euro rispetto a quelle del 2007, considerando l’insieme del settore pubblico e privato.
Casa, sanità, scuola, pensione, trasporto debbono essere diritti universali e gestiti in forma pubblica! La precarietà e la flessibilità lavorativa, il lavoro a tempo determinato, a chiamata, il lavoro gratis, con stage e alternanza scuola lavoro, vanno aboliti e vanno bloccati gli sgomberi contro la povera gente!

Se non si interviene sulla redistribuzione della ricchezza tutto ciò resterà una mera intenzione!
Le risorse per effettuare una più equa redistribuzione a vantaggio dei lavoratori, dei pensionati, dei ceti popolari impoveriti dall’attacco neoliberista ci sono e vanno prese dai ricchi, attraverso una patrimoniale sulle ricchezze, un’imposizione fiscale progressiva e una lotta incisiva alla grande evasione. E’ soltanto questione di scelte e questo Governo, come gli altri, deve scegliere da quale parte stare.

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