Nel Regno Unito ha ripreso con forza il movimento di protesta che ormai dallo scorso anno coinvolge numerosi settori e categorie di lavoratori. Già a dicembre il Paese restò bloccato per una giornata, ospedali e i trasporti in testa, e lo sciopero, le manifestazioni e i cortei di mercoledì hanno nuovamente portato all’attenzione dei cittadini e del governo le pressanti richieste di un’ampia fascia di lavoratori nel Regno Unito. Secondo le stime dei sindacati almeno 500.000 persone si sono fermate, soprattutto tra i docenti della scuola oltre che tra i dipendenti del pubblico impiego, i ferrovieri e gli addetti ai controlli di frontiera, con una partecipazione come non si vedeva da almeno un decennio
Le rivendicazioni alla base degli scioperi riguardano i tagli che il governo intende apportare ai servizi pubblici e il mancato adeguamento dei salari al costo della vita, un tema acuito ancor più dal deciso peggioramento delle condizioni economiche a causa della congiuntura internazionale così sfavorevole, con l’inflazione che aumenta, il costo dell’energia e dei carburanti che oscillano secondo il mercato e l’impossibilità anche per chi un lavoro lo ha di far fronte a tutte le spese. Per questo dopo le migliaia di infermieri, i postini e gli autisti del trasporto pubblico locale, ora anche gli insegnanti hanno fatto sentire la propria, sia nelle scuole primarie e secondarie che nelle Università pubbliche. Secondo i dati ieri in Inghilterra e Galles più dell’80% delle scuole è stato coinvolto dalla protesta e incisiva è stata la partecipazione allo sciopero anche da parte degli autisti di treno e degli addetti alle stazioni ferroviarie.
Oggi, giovedì 2 febbraio, è in corso un altro sciopero degli insegnanti mentre per venerdì 3 è annunciato quello del sindacato nazionale dei trasporti ferroviari. A seguire, sono già previste altre 16 giornate di sciopero da qui a fine mese.