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«Ogni gallo è padrone sul proprio letame»: Le riforme del PNRR e le multe che potrebbero venire

Le rate per la restituzione dei fondi del Pnrr, provenienti dall’Unione Europea, andranno pagate nell’arco di un ventennio: dal 2033 al 2052. Mesi orsono dicevamo che «non si tratta di somme di denaro prestate “a strozzinaggio” e [che], per di più, una discreta parte di queste non andrà restituita (…). Concretamente il tutto andrebbe a risolversi con 6 miliardi e più all’anno in aggiunta sul debito pubblico»[1]. Per un paese come l’Italia, che ha un PIL intorno ai 1800 miliardi, non sono “spicci” ma neanche somme spropositate.

C’è una questione, però, che non avevamo analizzato: cosa succederebbe se durante il periodo per la restituzione dei fondi l’Italia cancellasse alcune delle Riforme del Pnrr? È difficile ipotizzare che le istituzioni comunitarie possano aumentare le rate. Tuttavia, nei confronti di uno Stato membro l’Ue potrebbe sempre bloccare altri prestiti o un’eventuale quota del fondo perduto ancora da erogare, o persino richiederne indietro una parte.

Meccanismi punitivi per sanzionare l’inadempienza nell’applicare Riforme e Investimenti del Pnrr, del resto, esistono e prevedono la sospensione di una parte dei ancora da versare agli Stati. L’opportunità di praticarla viene valutata sulla base dei risultati ottenuti: “Avete usato male i soldi destinati alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione oppure siete in forte ritardo? Vi togliamo una parte di quelli che dobbiamo ancora darvi”. La misurazione dei risultati è effettuata secondo le stesse modalità adottate per la valutazione e l’approvazione dei Pnrr originari (nonché dei loro aggiornamenti), a patto però «che le misure relative ai traguardi e agli obiettivi conseguiti in misura soddisfacente in precedenza non siano state annullate dallo Stato membro interessato»[2],come dice la norma.

Le sospensioni degli importi non equivalgono al totale dei fondi messi a disposizione, per cui se ad esempio abbiamo un budget di “tot.” miliardi di € da usare nel settore della digitalizzazione per una serie di Investimenti e Riforme, eventuali ritardi determineranno la sospensione di una parte[3] dell’importo, calcolata sulla base dell’importanza dell’Investimento – o della Riforma – che non è andato a buon fine: «un singolo investimento relativamente modesto (…) non può avere lo stesso valore di un investimento di entità rilevante o dell’entrata in vigore di una grande riforma»[4].

L’importanza dell’Investimento o della Riforma viene vagliata sulla base di una serie di importanti documenti, tra i quali le famose Raccomandazioni specifiche per Paese adottate dal Consiglio Europeo, l’organo che definisce le priorità politiche generali dell’Ue. Questi, che di per sé non possono obbligare alcuno stato membro ad adottare questa o quella misura “raccomandata”, diventano così più vincolanti. Il testo della Commissione Europea che stiamo citando (di riferimento per la questione che stiamo approfondendo) non esplicita se le Raccomandazioni prese in considerazione per la valutazione debbano essere antecedenti all’erogazione dei fondi oppure se vadano bene anche quelle stilate più recentemente[5], ragion per cui bisogna ipotizzare che, per questa via, possa compiersi l’ennesimo passo in direzione della sublimazione del potere politico degli stati democratico-rappresentativi (democratico-borghesi) verso le stanze delle istituzioni comunitarie.

Questo accentramento dei poteri e degli atti di indirizzo non va contemplato come fine degli stati nazionali quanto piuttosto come il prevalere di interessi capitalistici trasversali al vecchio continente, che detteranno ai paesi membri le linee guida in materia di economia (ma anche di regole democratiche).

Per tornare al Pnrr, non vi è nulla di scritto sulla possibilità che in futuro, durante la restituzione delle rate, possano arrivare delle sanzioni da parte dell’Unione Europea. Il sospetto che la questione rimanga vaga appositamente, “tenuta in caldo” per esser tirata fuori al momento opportuno, è forte. È possibile che se ne riparli nei prossimi anni, ossia tra il 2026, l’ultimo anno di erogazione delle rate, e il 2033, il primo per la restituzione dei fondi. Le Riforme che non dovranno essere cancellate sono importanti – riguardando ambiti centrali come il mercato e la concorrenza, il federalismo fiscale e la Pubblica Amministrazione – e il quadro normativo per impostare il ricatto nei confronti delle popolazioni nazionali è già pronto: imprenditori e governi agiteranno lo spauracchio delle sanzioni come tentativo dissuasivo? Ogni gallo è padrone sul proprio letame[6].

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