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Prima giornata di Assemblea

L’introduzione del segretario uscente Marcelo Amendola ha aperto i lavori della quinta assemblea nazionale delle federazioni Cub, toccato gli aspetti principali sui quali il sindacato di base si è impegnato negli ultimi anni e analizzando la realtà presente per poi proporre alcune linee guida che dovrebbero guidare l’analisi delle diverse situazioni nel mondo del lavoro in Italia e rispetto al rapporto con le altre sigle del sindacalismo di base, con cui la Cub ha condiviso battaglie comuni a partire dagli scioperi generali dello scorso anno. È poi stato il turno dei vari delegati iscritti a parlare, espressione delle diverse anime della Cub sui territori e nelle varie federazioni. Un dibattito molto acceso in particolare su alcuni dei punti che da tempo sono alla base del dibattito interno alla confederazione Unitaria di Base e che in questo congresso, dopo diversi anni dall’ultimo, trovano lo scenario adeguato per il confronto e la ricerca di comuni e condivise soluzioni in ordine all’organizzazione generale e agli strumenti per andare incontro alle rinnovate e multiformi problematiche dei lavoratori

La comune visione delle condizioni sociali, economiche e politiche che caratterizzano la realtà del nostro Paese, accomunato per molti versi al resto d’Europa e del mondo per il generale peggioramento delle dinamiche del mondo del lavoro e dalla perdita di diritti faticosamente conquistati, porta all’interno della Confederazioni a distinte posizioni rispetto alle azioni concrete da mettere in campo per sormontare gli ostacoli e ottenere maggiore adesione alle lotte da parte dei lavoratori e una reale incisività nei luoghi di lavoro e più in generale nella società. All’aumento della precarietà e delle diseguaglianze parallelamente a una riduzione dei diritti, degli spazi di manovra e del peso della classe lavoratrice, si aggiunge la manifesta perdita di ruolo delle strutture sindacali rispetto a cui è diffuso un crescente grado di sfiducia da parte dei lavoratori. Anche la Cub, al pari di altre sigle di base e conflittuali, non è esente da questo fenomeno ea si assiste a un insufficiente o mancato ricambio generazionale e alla perdita di ruolo anche in categorie storicamente avevano invece contribuito a darle forza. Una situazione che quindi richiede un rinnovato impegno per apportare nuova vitalità all’organizzazione, ricercando politiche, mezzi e strumenti adeguati. A partire da questa analisi condivisa delle trasformazioni avvenute, come detto, si è sviluppata all’interno della CUB una discussione molto articolata sulla strategia da elaborare per raccogliere la sfida del cambiamento. Questa discussione ha portato a due diverse impostazioni politiche sul modello organizzativo da adottare, che già nella prima giornata sono chiaramente emerse grazie alle testimonianze e alle analisi dei vari delegati che si sono avvicendati nel dibattito. Possiamo articolare le posizioni a confronto, su cui il Congresso dovrà esprimersi, come tesi A e tesi B. 

Tesi A

❖           È sotto gli occhi di chiunque l’intensificazione dell’uso di appalti e sub appalti in moltissimi settori del mondo del lavoro, in particolare nel settore pubblico, negli enti comunali e nella sanità.

❖           L’aumento della stagionalità del lavoro e dei tempi determinati.

❖           Le drammatiche differenze occupazionali tra il Nord e il Sud del nostro Paese e quelle di genere, ancor più evidenti nei territori. Situazioni nelle quali aumenta il numero di persone che alternano periodi di disoccupazione e contratti di categoria diversi nei periodi di lavoro.

❖           Il ruolo delle modifiche introdotte dall’informatica nel mondo del lavoro rende più difficoltosa la socializzazione e la stessa sindacalizzazione nei posti di lavoro (dallo smart-working, al lavoro comandato dalle varie applicazioni, all’automazione dei processi produttivi nel lavoro di fabbrica).

❖           La mancata riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Di fatto l’orario di lavoro è stato ridotto dai padroni attraverso il drammatico aumento dei part-time involontari.

❖           La rivoluzione introdotta dallo sviluppo della logistica, sia nel campo degli acquisti, con il rafforzamento del monopolio di pochi attori, sia con l’estensione dell’uso delle cooperative per lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti, ha ulteriormente disarticolato la compattezza produttiva.

Questo processo di analisi porta ad affrontare anche i problemi e lo stato di salute della nostra organizzazione.

È inevitabile che i peggioramenti introdotti nel quadro normativo, legislativo e sociale abbiano prodotto uno scenario profondamente diverso da quello del 1992, quando nacque la CUB, e rendano necessaria una rivisitazione del nostro modo d’intervenire e dei nostri strumenti organizzativi.
Infatti, mentre la complessità della perdurante crisi evidenzia la necessità di unire le forze nei territori e nelle categorie, attorno a progetti e all’unità nella lotta, il nostro intervento continua rigidamente a basarsi sul modello organizzativo del 1992, quando nacque la CUB, composto da 16 Federazioni, alcune delle quali ormai di ridotta dimensione locale, insufficiente per affrontare i tanti danni provocati dalla crisi.
Con l’intento di adeguare la nostra struttura organizzativa alle mutate situazioni sociali e politiche, nel rispetto dell’autonomia delle singole federazioni e dei territori, il congresso dà mandato ai propri delegati al congresso nazionale della CUB del 10-11-12 marzo 2023 affinché si stabiliscano modi e tempi di confronto su:

  • Unione delle Federazioni in comparti;
  • Verifica della costituzione delle CUB Provinciali in tutto il territorio nazionale;
  • Costituzione del comparto del lavoro sociale (Immigrati – Partite IVA – Reddito di cittadinanza – Servizi)
  • Intensificazione del nostro intervento sindacale nel settore della logistica;
  • Finanziamento della CUB
  • Sottoscrizione del T.U.R. del 10/1/2014

Comparti – Si propone di realizzare entro il 2025 la costruzione di comparti (6/7) che lavorino per favorire l’unificazione di alcune delle Federazioni che, per problematiche e finalità d’interventi, possano trarre giovamento dall’unificazione stessa. Nessuna Federazione sarà obbligata ad unificarsi e/o sciogliersi; tuttavia, nessuna Federazione potrà imporre veti rispetto alla costituzione dei comparti nei territori, qualora gli iscritti/e ne ravvisino l’utilità e le condizioni.
Comparto del lavoro sociale – La necessità di dare vita ad una struttura sindacale, capace d’interloquire con tutti i soggetti particolarmente investiti dalla crisi e difficilmente inquadrabili nelle singole categorie, rende opportuna la costituzione di un soggetto nuovo (la Federazione del lavoro sociale), che sappia dare sponda e supporto a quei soggetti che incontriamo nelle situazioni quotidiane agli sportelli sindacali, per il reddito di cittadinanza, per gli ammortizzatori sociali, per la temporalità del loro rapporto di lavoro, per l’immigrazione. Con gli immigrati, il ricatto occupazionale è doppio ed è inconcepibile che nella CUB, per ragioni solo burocratiche, gli immigrati non possano avere diritto di rappresentanza se non hanno un regolare contratto di lavoro, come fanno Governo e padroni.
Così come dovremmo porci, con urgenza, il problema di fare in modo che, quando circa settecentomila persone perderanno il reddito di cittadinanza, possano trovare nella nostra Confederazione un soggetto sindacale al loro fianco, anziché finire in balia dei media di turno e/o di fantomatici comitati.
A fianco delle Federazioni esistenti, bisogna creare strutture nelle quali sia possibile il confronto politico e che le necessità di questi soggetti dei servizi possano diventare occasione di coscienza politica e azione sindacale. Con l’intensificarsi della crisi, la guerra ai poveri, l’accentuarsi delle differenze regionali, tale scelta più che un’esigenza, diventerà un obbligo per chi vorrà organizzare le lotte ed avere possibilità d’incidere.
Logistica – Il settore della logistica, per gli investimenti attuati e per quelli in prospettiva è destinato ad avere sempre più un ruolo importante all’interno del mondo del lavoro. La nostra presenza nel settore, malgrado alcune lodevoli eccezioni, è decisamente scarsa. Per invertire tale stato di fatto, però, sarà necessario un preciso piano di lavoro, d’investimenti economici e in quadri sindacali da formare. Su tale importante progetto, si chiede un preciso impegno da parte dell’assemblea nazionale della CUB.
Il finanziamento della CUB – Senza la certezza e la trasparenza del finanziamento, nessuna struttura sindacale può essere in grado di programmare e attuare lo svolgimento della propria attività sindacale. Ciò, ovviamente, vale anche per le strutture nazionali della nostra Confederazione.
L’assemblea nazionale della CUB del 10-11-12 marzo dovrà, perciò, esprimersi chiaramente sul finanziamento della CUB nazionale: o confermando il vigente contributo di scopo (4 euro all’anno per ogni iscritto/a, raccolto e consegnato dalle rispettive Federazioni nazionali di Categoria), o con altre diverse modalità.
Ad esempio si può adottare un versamento da parte delle strutture territoriali pari a 3 euro per iscritto/anno da versare alle Federazioni di categoria nazionali, le quali si impegnano a versarne la metà alla Confederazione.
È indispensabile, alla luce di quanto sin qui verificato nel corso degli anni, che siano specificate le eventuali sanzioni, nel caso di mancato adempimento finanziario, quali, ad esempio, l’esclusione temporanea dagli organismi provinciali e nazionali.
T.U.R. 10/1/2014 – È in atto, da circa un anno, la discussione all’interno della nostra Confederazione sull’opportunità di sottoscrivere l’adesione al Testo Unico.
Il forte ridimensionamento delle federazioni della CUB, che operano in molti settori del lavoro privato, è riconducibile alla mancata possibilità, in questi anni, di presentare proprie liste alle votazioni delle RSU, alla conseguente inibizione di utilizzo dei diritti sindacali previsti dalla L.300/70 (diritto d’assemblea, permessi retribuiti, ecc.) e alla ridotta possibilità di svolgere un’azione sindacale efficace. Inoltre, verificata la bassa probabilità dell’approvazione di una legge sulla rappresentanza che migliori il quadro legislativo di riferimento, preso atto anche degli esiti delle cause sin qui agite, si ritiene che la mancata sottoscrizione dell’accordo limiterebbe le possibilità di reinserimento delle federazioni del lavoro privato.
Le contrapposizioni sul tema nella CUB sono forti e fondate su ragionevoli motivazioni. Per evitare che lo stallo diventi dannoso e alimenti dannose fuoriuscite che dimostrerebbero la nostra fragilità e la nostra incapacità di rapportarci con la complessità propria di ogni agire di un soggetto sociale collettivo, si propone che l’assemblea nazionale della CUB deliberi:

  • che la scelta sia, comunque, demandata alle singole Federazioni di categoria;
  • che la consultazione con gli iscritti/e avvenga con regole comunemente deliberate.

Tesi B

Occorre partire dallo Statuto della CUB: “La C.U.B. è una struttura composta su base federativa che non vuole e non intende in alcun modo porsi quale struttura gerarchica che interferisce nell’attività delle singole organizzazioni aderenti fatta espressamente salva la totale incondizionata autonomia di ogni organizzazione aderente. Le iniziative e le trattative di carattere generale debbono essere oggetto di preventiva approvazione da parte di tutte le organizzazioni sindacali aderenti.

Le categorie hanno ancora tutte le ragioni per esistere nella loro autonomia, perché rappresentano la volontà di organizzare i lavoratori partendo da una condizione di omogeneità che favorisca l’approfondirsi di rivendicazioni contrattuali. L’unificazione di categorie disomogenee rischierebbe di non essere utile ai lavoratori, favorendo solo calderoni che perderebbero di vista la fondamentale politica contrattuale dei lavoratori e di un sindacato.
Siamo in una organizzazione federale e le singole organizzazioni devono decidere in autonomia eventualmente anche di unificarsi se lo ritenessero utile e necessario; ma soprattutto dobbiamo cercare di rilanciare la nostra idea di sviluppare interventi di filiera, ricomponendo ciò che i padroni hanno scomposto.
Dobbiamo evitare di fare nostra la mentalità e le decisioni della borghesia. Se il capitale scompone, frantuma, precarizza, noi dobbiamo opporre una reazione contraria ed antagonista, ricomponendo i lavoratori.
Pertanto:
–             Dobbiamo favorire il rilancio delle piattaforme contrattuali in ogni categoria e settore, rivendicando la ricomposizione delle filiere, cioè re/internalizzando gli appalti, contrastando così la scomposizione delle aziende, chiedendo lavoro stabile e garantito per tutti, mettendo assieme tutti i lavoratori e non favorendo concorrenza e separazione tra “stabili” e precari.
–             Le categorie devono organizzare le filiere al loro interno. Come affermato nelle assemblee nazionali del 2016 e 2019 la nostra posizione è tesa a ricomporre quello che il padrone scompone. Si può perciò pensare ad una stessa tessera per tutta la filiera se la categoria del committente interviene sindacalmente nel settore principale e che i delegati del settore principale siano in grado di intervenire nei settori minori (normalmente mense e pulizie). Bisogna pertanto favorire la nascita di “coordinamenti” dei lavoratori della stessa azienda/ filiera o settore, per articolare proposte rivendicative avanzate.
–             Non dobbiamo inventarci una organizzazione per precari e disoccupati perché è nell’organizzazione del settore in cui lavorano o lavoravano che bisogna lottare per stabilizzare il rapporto di lavoro. Una categoria di questo tipo servirebbe solo a favorire la scomposizione dei lavoratori, diventeremmo noi stessi artefici della precarietà. Inoltre, sarebbe una categoria che difficilmente avrebbe la possibilità di avere organismi democratici al suo interno e che servirebbe solo a distribuire poltrone di potere. Ciò che la CUB deve fare è organizzare questi lavoratori precari o disoccupati nelle loro categorie, individuando la filiera di riferimento. Nulla vieta che si possano organizzare “coordinamenti” di lavoratori precari o disoccupati con caratteristiche omogenee: cosa ben diversa è invece inventarsi una categoria sindacale.
–             Servizi e Immigrazione non sono categorie sindacali, ma attività di assistenza la cui gestione deve essere appannaggio del livello confederale che, nel caso dell’immigrazione, può anche svolgere una funzione politica nel portare avanti campagne di rivendicazione specifiche sulle problematiche delle politiche migratorie. Per i lavoratori immigrati, però, la loro categoria di riferimento rimane quella del proprio settore.
–             È diritto dei pensionati definire politiche e gruppi dirigenti della propria organizzazione scegliendo fra gli iscritti, senza inventarsi che a rappresentarli sia chi li iscrive; inserire dipendenti dei servizi (tra l’altro, come nel caso del patronato, neanche della CUB) serve soltanto a svilire il dibattito politico e avere “yes men” pronti a votare all’occorrenza. I Servizi rappresentano un intervento importante della nostra attività, ma non possono essere considerati personale politico.
–             È necessario che le categorie valutino attentamente se è possibile promuovere dei percorsi di ricomposizione, come stava avvenendo tra la CUB Informazione e la CUB Poste. Facciamo un invito in tal senso, senza che la confederazione inventi fusioni a tavolino.
–             Dobbiamo invece rilanciare una formazione per i delegati e i quadri sindacali. Il confederale nazionale dovrebbe elaborare un progetto in tal senso, che in maniera       itinerante incontri i delegati nei loro territori e fornisca loro supporto e strumenti di crescita.

Testo Unico 10.01.2014
I fattori del nostro forte ridimensionamento devono essere ascritti principalmente a limiti e incapacità della nostra azione sindacale nei posti di lavoro, e al conseguente mancato impegno nel perseguire il percorso legale, aperto dalla sentenza della Corte Costituzionale del 4.7.2013. La decisione di andare a sottoscrivere l’accordo del 2014 sconfesserebbe gravemente la credibilità della Confederazione, che non ha mai voluto subordinare la propria esistenza alla firma di accordi non condivisibili, smentendo gran parte della nostra politica sindacale sostenuta su tali temi dal 2011. I supposti benefici che ne deriverebbero sarebbero ininfluenti per la nostra eventuale crescita. Inoltre, la sottoscrizione, per quanto previsto dall’accordo medesimo, limiterebbe l’esercizio del diritto di sciopero e della nostra libertà d’azione nei luoghi di lavoro.

 

 

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