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Trattamento di fine servizio\rapporto: la disuguaglianza tra pubblico e privato resta tale

La Funzione pubblica invece di intervenire per tempi rapidi nella erogazione del Tfs reitera l’accordo quadro con le banche dopo il benestare di Mef e ministero del Lavoro
Arriva l’ennesima proroga, di due anni, dell’accordo quadro con le banche per l’anticipo del trattamento di fine rapporto o di fine servizio, il personale della PA non avrà diritto al medesimo trattamento riservato al privato e, in barba a qualsivoglia principio costituzionale, si va verso i soliti prestiti finanziari per l’anticipo della liquidazione.

Avevamo già scritto di questa annosa vicenda che dovrebbe indurre i paladini della Costituzione e del rispetto delle regole ad intervenire, sentenze che condannavano l’operato dei Governi italiani sono rimaste lettera morta e la disuguaglianza di trattamento diventa di fatto una necessità per salvaguardare i conti pubblici

Ancora per due anni i dipendenti pubblici in uscita dal lavoro prima anticipata se vogliono percepire la liquidazione in tempi accettabili dovranno ricorrere ai prestiti delle Banche fino a 45 mila euro, sobbarcarsi degli interessi anche se a condizioni agevolate, pagare di tasca propria l’austerità della finanza pubblica.

Quattro anni fa venne sottoscritto l’accordo con le banche davanti a tempi biblici nella erogazione del TFS, salvaguardati i conti e gli esborsi della finanza pubblica, era chiesto alle banche di anticipare le somme spettanti alla forza lavoro previo il pagamento di interessi.
Una doppia beffa, la prima anni fa contraendo un prestito con istituti finanziari per la corresponsione di spettanze dovute, la seconda rappresentata dal reitero di questo accordo nonostante la sentenza che condanna l’operato del Governo giudicandolo incostituzionale.

La sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale giudica infatti anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del TFR/TFS dei dipendenti pubblici, in aperto contrasto con il principio della giusta retribuzione e della tempestività della erogazione delle spettanze dovute (palese il riferimento all’art.36 della Costituzione Italiana).

Dieci anni e passa fa la PA ha già subito il blocco della contrattazione nazionale con stipendi fermi e mancato incremento dei fondi della produttività da cui attinge anche la contrattazione di secondo livello (nel pubblico si chiama decentrata).

Da allora non abbiamo recuperato il potere di acquisto perduto e a questo danno economico si aggiunge la beffa del TFS differito ed erogato solo con prestiti bancari.

Ma ironia della sorte la Corte, nella stessa sentenza riconosce di non potere: “allo stato, porre rimedio, posto che il modo delle soluzioni attinge alla discrezionalità del legislatore”, legislatore che a sua volta non ha dato piena attuazione alla sentenza ricorrendo ancora una volta ai prestiti delle Banche adducendo la motivazione del non aggravio di spesa per la finanza pubblica.

La intera vicenda, surreale a dir poco, ci offre uno spaccato eloquente di come i richiami ai principi costituzionali possano essere facilmente aggirati diventando variabili dipendenti dalle regole dettate da Bruxelles. E non desti sorpresa la straordinaria continuità dell’operato governativo vecchio e nuovo, con Esecutivi di diverso colore ma uniti e solidali nel colpire diritti e potere di acquisto dei salariati.

CUB Pubblico Impiego Pisa

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