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Caregiver familiare, contro le discriminazioni sul lavoro

Con sentenza della Cassazione civile., sez. IV, ord. interlocutoria, del 17 gennaio 2024, n. 1788 si chiede alla Corte di Giustizia europea se il caregiver familiare di minore gravemente disabile può far valere i propri diritti di parità di trattamento qualora ritenga di aver subito una discriminazione indiretta sul lavoro come conseguenza dell’attività assistenziale prestata.

In particolare, viene posto il quesito se il diritto dell’Unione Europea debba interpretarsi, eventualmente anche in base alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che sussista la legittimazione del caregiver familiare di minore gravemente disabile, il quale deduca di aver subito una discriminazione indiretta in ambito lavorativo come conseguenza dell’attività assistenziale prestata, ad azionare la tutela antidiscriminatoria che sarebbe riconosciuta al disabile dalla Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27.11.2000.

E se, in tal caso, il diritto dell’Unione Europea vada interpretato, eventualmente anche in base alla predetta Convenzione ONU, nel senso che gravi sul datore di lavoro del caregiver l’obbligo di adottare i cd. ragionevoli accomodamenti anche nei confronti dello stesso, per garantire il principio della parità di trattamento nei confronti degli altri lavoratori, sul modello previsto per i disabili dalla citata Direttiva; da ultimo, quale sia l’ambito soggettivo dei caregiver familiari secondo il diritto dell’Unione Europea, anche in base alla Convenzione ONU.

Il caso:
il datore di lavoro avrebbe trattato la lavoratrice ricorrente in maniera differente rispetto ad altri colleghi ritenuti per motivi sanitari non idonei, in via temporanea o definitiva, a rendere con le modalità ordinarie la prestazione lavorativa; infatti, mentre detti colleghi sarebbero stati destinati provvisoriamente ad altri compiti in attesa di essere riqualificati in mansioni differenti (con assegnazione ad un turno agevolato o c.d. di sussidio presso una sede di lavoro fissa), a lei questa possibilità non sarebbe stata concessa, siccome la valutazione di non idoneità rilevante nella specie sarebbe stata effettuata sulla base non delle condizioni di salute del figlio gravemente disabile da lei assistito e della necessità di accudirlo, ma di quelle di essa ricorrente, nonostante fosse la caregiver del minore; il datore di lavoro non avrebbe assunto provvedimenti in ordine alla richiesta della ricorrente, formulata quale caregiver del figlio minore gravemente disabile, di essere eventualmente adibita anche a mansioni inferiori al fine di risolvere le menzionate difficoltà di proseguire la vita lavorativa.
Dopo i due gradi di giudizio ordinari la cassazione, chiamata in causa dalla lavoratrice ha sospeso il processo ed ha ritenuto di richiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle seguenti questioni:

a) se il diritto dell’Unione europea debba interpretarsi, eventualmente in base anche alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che sussista la legittimazione del caregiver familiare di minore gravemente disabile, il quale deduca di avere patito una discriminazione indiretta in ambito lavorativo come conseguenza dell’attività di assistenza da lui prestata, ad azionare la tutela antidiscriminatoria che sarebbe riconosciuta al medesimo disabile, ove quest’ultimo fosse il lavoratore, dalla Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;

b) se, nell’ipotesi di risposta affermativa alla questione a), il diritto dell’Unione europea vada interpretato, eventualmente in base anche alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che gravi sul datore di lavoro del caregiver di cui sopra l’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli per garantire, altresì in favore del detto caregiver, il rispetto del principio della parità di trattamento nei confronti degli altri lavoratori, sul modello di quanto previsto per i disabili dall’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;

c) se, nell’ipotesi di risposta affermativa alla questione a) e/o alla questione b), il diritto dell’Unione europea vada interpretato, eventualmente in base anche alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che per caregiver rilevante ai fini dell’applicazione della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 si debba intendere qualunque soggetto, appartenente alla cerchia familiare o convivente di fatto, che si prenda cura in un ambito domestico, pure informalmente, in via gratuita, quantitativamente significativa, esclusiva, continuativa e di lunga durata di una persona che, in ragione della propria grave disabilità, non sia assolutamente autosufficiente nello svolgimento degli atti quotidiani della vita o se il diritto dell’Unione europea vada interpretato nel senso che la definizione di caregiver in questione sia più ampia o ancora più ristretta di quella sopra riportata.

Febbraio 2024

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