CCNL BANCHE: DA UNA BUONA PIATTAFORMA AD UN CONTRATTO MEDIOCRE
È stato siglato il 23 novembre scorso l’accordo di rinnovo del contratto dei bancari. Diamo per scontato che l’accordo sia definitivo, che le assemblee si svolgeranno ad aumenti già erogati, che l’esito del voto sia plebiscitario, come già avvenuto sulla piattaforma.
Non ha senso quindi schierarsi con un voto pro o contro, nessuno può pensare di riaprire adesso una vertenza che non ha mai visto la categoria schierata in campo, o chiamata ad un ruolo diverso da quello, passivo, di alzare la manina per approvare quello che è stato già deciso da altri.
Ha senso invece interrogarsi sulla distanza assai ampia tra richieste e risultati, perché sembrava davvero possibile, ancora la primavera scorsa, un contratto di svolta che avrebbe consentito un recupero vero del potere d’acquisto perduto, insieme ad una riconquista di diritti e forza contrattuale.
Invece questi quattro mesi di trattativa al vertice hanno prodotto davvero poco: riteniamo ridicoli i toni trionfalistici che accompagnano i commenti di tutti i sindacati trattanti,
che provano a “vendere il prodotto” sottacendo gli effetti collaterali ed esaltando sé stessi.
Proviamo invece a confrontare quello che avevano richiesto (e si erano impegnati a sostenere), con quello che davvero hanno portato a casa. Il confronto, credeteci, è
impietoso…
Cominciamo dal punto centrale su cui si sorregge la narrazione eroica dei nostri rappresentanti: la conquista salariale di 435 euro lordi per la figura media del 3A4L con
7 scatti di anzianità. Partendo da una paga base di 3.205,74 euro al 1/12/2022, si tratta di un aumento del 13,57% come è facilmente verificabile usando le tabelline.
Si tratta di un aumento lordo, quindi una volta sottratta l’aliquota Irpef al 35% e le varie addizionali locali (3% in media) arriviamo ad un netto inferiore al 10%. Ma si saltano i primi 6 mesi del 2023 e si allunga la scadenza fino al 31-3-2026, scaglionando gli aumenti nell’arco di 27 mesi.
Ora: sommando i tassi d’inflazione 2021-2022-2023 abbiamo 3,9% + 11,6% + 5,7% = 21,2% di inflazione già acquisita. Le previsioni 2024-2025 non sono inferiori al 2,5% annuo; quindi, avremo altri 5 punti da sommare al 21,2% = 26,2%, come inflazione totale del periodo 2021- 2025.
Considerando che l’inflazione programmata su cui erano scattati gli aumenti 2021-2022 oscillava tra lo zero e l’1% annuo, significa che a fronte di un 25% di inflazione netta nel periodo, i lavoratori bancari recuperano solo il 10% del salario e perdono 15 punti secchi di potere d’acquisto.
E questo a fronte di utili bancari di 25 miliardi di euro nel solo 2022 ed altri 16 miliardi di euro già comunicati al terzo trimestre 2023! E dobbiamo considerarci fortunati per la “grande conquista salariale”, senza precedenti, senza paragoni e senza…parole!
Il ticket pasto cartaceo sale da 1,81 euro a 4 euro, ma ormai tutte le banche pagano di più.
È vero che si ripristina il perimetro ordinario su cui accantonare il T.F.R. (al cui imponibile è spesso agganciato il contributo previdenziale complementare), ma è la semplice restituzione di una sottrazione che dura dal 2012!
Cosa ne è della rivalutazione in pari misura di tutte le altre voci economiche, il ripensamento delle indennità di cassa, reperibilità, turno, del riconoscimento del lavoro supplementare dei quadri, dell’introduzione di un ulteriore scatto d’anzianità per tenere conto della età media anagrafica della categoria?
E la parte normativa, che sembrava destinata ad una vera e propria rivoluzione, così da rispondere alle tante problematiche emerse, dalle esternalizzazioni alle pressioni
commerciali?
Area contrattuale, insourcing, appalti, clausole sociali: in quale cestino sono finite queste richieste? Dov’è la “nuova stagione per la gestione della trasformazione”, come recitava la piattaforma?
Volete davvero farci credere che la “cabina di regia” per la banca digitale, che consente alle banche di manipolare il CCNL in corso d’opera, senza soluzione di continuità, sia la soluzione del problema? Perché sono sparite tutte le tematiche relative al telelavoro e al lavoro agile, quando sappiamo che a livello di Gruppo l’azienda decide ed il sindacato aziendale firma le deroghe per continuare a stare al tavolo?
Cosa cambia sulla questione “partecipazione”, quando si rimanda a livello di Gruppo la possibilità di fare accordi per condividere i risultati (non accade da anni con il Premio di risultato?) o peggio ancora per aumentare produttività del lavoro e competitività delle aziende?
Dobbiamo continuare a finanziare con una giornata di banca ore o di ferie il Fondo per l’Occupazione, dove già sono giacenti 145 milioni di euro che le banche non usano perché non assumono. Adesso hanno deciso di dare questi soldi alle banche in misura ancora maggiore: 3.500 euro l’anno per tre anni, anziché 2.500 come prima, addirittura 4.500 se la banca assume al SUD e altri 1.000 euro se assume nella provincia di residenza del lavoratore. Altri 3.500 euro una tantum vanno alle banche che portano in positivo il saldo occupazionale.
Inoltre, il FOC compenserà anche per il 25% la perdita salariale dei lavoratori cui mancano tre anni alla pensione e che opteranno per il part-time, mentre il Fondo di Solidarietà (il fondo esuberi) pagherà i contributi.
Ma a voi non sembra surreale che i lavoratori mettano una giornata del loro tempo libero per finanziare delle aziende che fanno, nel loro complesso, decine di miliardi di
utili e ne pagano altrettanti in dividendi agli azionisti?
È sotto gli occhi di tutti lo straripante fenomeno delle pressioni commerciali, piaga diffusa in tutta la rete e principale fattore di stress lavoro-correlato, causa di malattia e di psicosi diffusa. Nella piattaforma le richieste erano state chiare, tra le altre:
– vietare le tabelle e le analisi comparative riguardo ai risultati commerciali ed il previsionale di vendita;
– prevedere forme di confronto sindacale preventivo in caso di campagne prodotto e sistemi premianti aggiuntivi;
– rafforzare il presidio di vigilanza sulla correttezza dei modelli organizzativi e dei comportamenti connessi, prevedendo per le organizzazioni sindacali l’interlocuzione e il
confronto con la funzione di Compliance nell’ambito della Commissione aziendale.
Non è tornato a casa nulla di nuovo, se non il recepimento dell’inoffensivo protocollo del 2017, l’ennesima Commissione Paritetica che aumenta il numero dei sindacalisti e la frequenza delle convocazioni, ed una indagine di clima affidata a parti terze, che avrà il compito scontato di scoprire l’acqua calda e raccomandare provvedimenti inutili o inattuabili.
Non si tratta di indagare cosa accade, perché questo lo sanno già tutti: servono norme e sanzioni esigibili per colpire i responsabili che esagerano, ma anche la messa in
discussione delle politiche commerciali delle aziende e le pratiche con cui raggiungono gli obiettivi di profitto.
Gli altri palliativi sono solo alibi, buoni a fornire foglie di fico per edulcorare l’immagine esterna di buone pratiche, mentre tutti quelli che lavorano sanno che la realtà è un’altra.
E veniamo alla principale delle richieste in ambito normativo, quella relativa alla riduzione d’orario. Riprendiamo anche qui la piattaforma:
– È tempo di riconoscere una generale riduzione dell’orario contrattuale di 30 minuti giornalieri (35 ore settimanali) a parità di retribuzione, con correlato adeguamento sulle
diverse articolazioni orarie.
I 30 minuti giornalieri di riduzione sono diventati 30 minuti settimanali e la settimana lavorativa di 35 ore è diventata più prosaicamente quella di 37 ore, a partire dal 1° luglio 2024. Per l’applicazione effettiva, bisognerà aspettare un accordo entro la data di partenza:
non è ancora chiaro se confluirà in banca delle ore, in una riarticolazione del 4×9, in una riduzione giornaliera di 6 minuti (di cui non si accorgerebbe nessuno). Una debacle prevedibile e annunciata: la richiesta strategica per eccellenza buttata nella pattumiera alla prima occasione utile!
Restano da esaminare pochi punti:
La formazione: delle 26 ore fuori orario salgono da 8 a 13 quelle retribuite; concretamente non si riesce ad usufruire (soprattutto nella rete) neanche della formazione obbligatoria, perché i ritmi di lavoro, ad organici carenti, non consentono ai lavoratori di staccare mai; è grave altresì che sia saltata la richiesta di recuperare negli anni successivi le ore di formazione andati persi!
Sugli inquadramenti avevamo assistito a scene you-tube tra l’esilarante ed il penoso, con il disgusto di Sileoni per la richiesta delle aziende di prorogare anche questa volta la fungibilità dei quadri: è successo veramente, ancora una volta le banche asfaltano il sistema degli inquadramenti ed il mansionario, conservando la piena flessibilità e discrezionalità nell’utilizzo dei quadri direttivi.
Su missioni e trasferimenti, le banche non riescono a sfondare, ma vincono nell’introdurre piccoli peggioramenti sia nel pagamento delle diarie, sia nell’anzianità di servizio che preclude la possibilità di subire un trasferimento passivo.
Sul resto, ci sono marginali progressi su questioni tutto sommato secondarie, che possono essere di grande momento per i lavoratori direttamente coinvolti, ma non rappresentano di certo conquiste di portata generale.
In conclusione possiamo dire questo: c’erano le condizioni per concludere una trattativa in termini molto favorevoli, tenendo conto della eccezionale profittabilità del
sistema bancario, delle divisioni interne alla compagine dell’ABI, della crisi di rappresentatività della controparte, della disponibilità di Intesa Sanpaolo (un terzo
degli addetti del settore) ad erogare subito la richiesta economica, della potenzialità conflittuale della categoria (che non è stata neanche presa in considerazione).
Il recupero economico netto è soltanto molto parziale, come abbiamo dimostrato, mentre la parte normativa si riduce a poca cosa: una riduzione d’orario insignificante, una partita di giro tra le ferie dei lavoratori e le poche banche che assumono, un ritocco qua e là a norme e Commissioni che lasciano il tempo che trovano.
Una buona occasione, sprecata in malo modo: non ci sorprende più di tanto, da parte di organizzazioni sindacali che hanno smesso da tempo di confrontarsi con i lavoratori sui problemi concreti e trattano con la controparte in una logica autoreferenziale.
Loro fanno, a modo loro, quello che risponde ai propri interessi. Noi dobbiamo cominciare a difendere i nostri…
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni
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f.i.p. 3.12.202