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Non esiste fatalità, solo sfruttamento e morte sul lavoro

Fatalità e leggerezza non sono motivazioni da addurre ogni qual volta si verificano gravi incidenti sul lavoro.

Non esiste fatalità quando le norme in materia di salute e sicurezza non vengono rispettate, quando i ritmi incalzanti impongono tempi di lavoro senza pause, sotto stress e in condizioni di mero sfruttamento.

L’ennesima morte di un bracciante nei campi, dove troviamo spesso forza lavoro senza contratto, costretta ad operare per pochi euro nelle ore più calde della torrida estate

Il settore agricolo è caratterizzato da elevati numeri di dipendenti senza contratto e senza assicurazione, la soluzione per qualche Governo era quella del voucher per aggirare il regolare inquadramento contrattuale.

A distanza di anni la situazione non è cambiata e la morte del bracciante a Latina ne è la dimostrazione eloquente.

Il bracciante, Satnam Singh, era un lavoratore immigrato, da quanto leggiamo sulla stampa viene accusato dalla ditta di avere commesso una leggerezza avvicinandosi troppo a un macchinario da cui è stato risucchiato con l’amputazione del braccio, ma dopo il grave infortunio Satnam Singh non è stato portato in ospedale ma a casa, un fatto che dovrebbe indurre a riflessione sulla percentuale di infortuni non denunciati all’Inail al fine di evitare sanzioni pecuniarie ed ispezioni

L’inchiesta, appena iniziata, molto probabilmente dimostrerà anche la presenza del caporalato, un sistema diffuso contro il quale mai è stata condotta una battaglia senza quartiere.

La ricattabilità dei lavoratori migranti è collegata anche al permesso di soggiorno per il quale si accettano condizioni retributive senza dignità e alla insegna di mero sfruttamento quando non si ricorre invece a caporali che scelgono forza lavoro giornaliera, da impiegare nei campi per pochi euro all’ora senza assicurazione e senza contratto, all’interno delle loro comunità. E questa forza lavoro viene sovente ricattata, privata di documenti e telefonini, tenuta in condizioni disumane senza cibo e con acqua razionata, costretta a dormire in case diroccate o all’aperto.

Una condizione di semi schiavitu’ quella che da anni viene registrata in agricoltura, assai diffusa a dimostrare come possano convivere dentro il modo di produzione capitalistica situazioni di sfruttamento che ci riportano indietro nei secoli

Una condizione di disumano e selvaggio sfruttamento per nulla paradossale ma emblematica di un sistema economico, quello capitalistico, che annienta le nostre vite e la stessa dignità umana e lavorativa.

Pisa, 21 giugno 2024

CUB Pisa

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