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ITA: bocciato il decreto ‘Meloni’

ITA – L’ORDINANZA DEL GIUDICE ORRU BOCCIA IL DECRETO DELLA VERGOGNA DI MELONI&CO E RILANCIA LE SPERANZE DEI LAVORATORI DEL GRUPPO AZ

Finalmente un pronunciamento giudiziale rigoroso e coraggioso del Tribunale di Roma: la Giudice Orru, a fronte del ricorso di alcuni colleghi di terra di Alitalia Sai in A.S., depositato dagli avvocati Galletti Bezzi Caputo, ha evidenziato i profili di illegittimità del Decreto della Vergogna (D .L. n.131 del 29.9.202 3 che il Governo Meloni ha varato e il Parlamento approvato L. 169 del 27.11.2023).

A fronte di tali rilievi, la Giudice Orru ha sospeso il giudizio e ha ordinato la trasmissione degli atti alla Consulta che, auspichiamo, si possa esprimersi sulla illegittimità costituzionale di una norma, varata ad hoc, peraltro retroattiva, solo per ostacolare i ricorsi dei lavoratori Alitalia.
Un atto inaccettabile del Governo Meloni Giorgetti Salvini approvato subito dopo l’altro autorevole pronunciamento a favore del personale AZ del Tribunale di Roma, emesso dal Giudice Cottatellucci.
E’ da augurarsi che la Corte Costituzionale si possa esprimere scevra da pressioni politiche, evitando di ripetere lo strafalcione che fece quando si pronunciò sulla legittimità del voto al “buio” dei parlamentari sul decreto Infrastrutture, nonostante venne negato il loro diritto di accedere agli atti segretati della Commissione UE, relativi alla costruzione e avvio di ITA. All’epoca la Consulta decretò, sostanzialmente, che i parlamentari avrebbero potuto avere accesso alle necessarie informazioni e votare senza leggere i documenti ma acquisendo le necessarie informazioni dai comunicati stampa della UE (sic!): una capriola costituzionale per facilitare l’avvio di un processo industriale fallimentare, che ha lasciato a casa 2500 lavoratori! Una giravolta che speriamo non si ripeta questa volta!

Importanti nell’ordinanza della Giudice Orru sono soprattutto le argomentazioni con cui respinge le tesi datoriali sia sull’inesistenza di un ramo d’azienda, sia sulle finalità liquidatorie della gestione commissariale di AZ il 15. 10.2021, riconoscendo il diritto al passaggio ai sensi dell’art.2112 dei ricorrenti da Alitalia a ITA.
D’altra parte, le sentenze finora negative, sia in I grado che in Appello, non hanno respinto i ricorsi con l’armamentario normativo reso disponibile a ITA dal Governo Meloni&Co nel Decreto della Vergogna.
A parte alcuni insipienti pronunciamenti sull’inesistenza di un ramo d’azienda nel passaggio delle attività da Alitalia a ITA, in realtà sono diversi i giudizi che hanno riconosciuto il diritto di ITA di non assumere in “continuità” il personale AZ , legittimando l’applicazione delle deroghe al trasferimento del personale dal cedente al cessionario, per una supposta finalità liquidatoria nella gestione dell’amministrazione straordinaria: un presupposto smentito dal pronunciamento in questione con argomentazioni che hanno messo anche l’accento sulla inspiegabile vendita a 1 euro di 52 aerei, degli slot e di altri beni, scaricati dalle passività e, addirittura, senza neppure il personale in forza.
Interessanti le considerazioni giudiziali contenute nella ordinanza del 18. 6.2024 sulla vicenda del passaggio degli slot: la Giudice, ricordando la stringente normativa europea in materia di trasferimento degli slot da una compagnia a un’altra, conferma che a passare da Alitalia a ITA è stato un ramo d’azienda, in mancanza del quale, i permessi di atterraggio e decollo non sarebbero potuti andare da Alitalia a ITA.

E’ del tutto evidente che tale ordinanza, come anche l’eventuale pronunciamento della Consulta, insieme a tutte le altre, seppur rare, sentenze a favore dei lavoratori saranno utilizzate da tutti i ricorrenti AZ nelle rispettive cause in corso, le cui argomentazioni legali sono sostanzialmente identiche nonostante le conclusioni giudiziali sono spesso molto difformi e contraddittorie.
E’ anche per questo che si rende necessario continuare la mobilitazione, 2500 persone non devono e non possono restare senza lavoro.

20.6.2024 Cub Trasporti

Leggi in Il Manifesto, 19-6-24

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