TIM…UN’AZIENDA AD ESAURIMENTO, TRA FONDI SPECULATIVI E “PROMESSE DI STATO” E I LAVORATORI ?
Il 15 ottobre scorso il fondo americano KKR ha presentato un’offerta d’acquisto vincolante per la Rete di TIM, e un’offerta non vincolante per Sparkle (le attività internazionali di TIM): Nel complesso si tratta di una cifra tra i 20 e i 23 miliardi di euro (questo nell’ipotesi di un risvolto positivo circa la possibile integrazione con Open Fiber), un’offerta sempre molto lontana dal prezzo di vendita ottimale preteso da Vivendi (31 miliardi).
In accordo con KKR il Governo ha stanziato 2,5 miliardi di euro, finanziamento che deve passare il vaglio della autorità antitrust (AGCOM), e quello della Corte dei Conti che – giusto il 21 ottobre – ha sollevato dubbi sulla sostenibilità finanziaria dell’operazione. Inoltre, è necessario il via libera della commissione UE.
Si tratta – indubbiamente – di una partita complessa, dove non si possono escludere nuovi colpi di scena, tempi supplementari o ricorsi in tribunale: ricordiamo la lunga battaglia legale tra Vivendi e Mediaset.
Il controllo statale della Rete – tanto sbandierato – rischia di restare solo una promessa di propaganda elettorale: a pochi mesi dall’insediamento del nuovo Governo, su alcuni quotidiani, apparve un’intervista ad alcuni esponenti della maggioranza, i quali chiarirono bene i loro intendimenti: alla domanda circa il perimetro della “Rete”, oggetto del ritorno allo Stato, risposero che il Governo intendeva porre sotto controllo la parte di Rete “strategica”, e per “Rete strategica” intendevano la rete internazionale. Pare, dunque, plausibile il ritorno dello Stato per Sparkle, agevolato dal fatto che si tratta di un‘azienda già separata, ben definita e strutturata.
I piani che prevedono l’infrastruttura “fissa” di TIM nella nuova società NETCO non ci convincono: al di là della propaganda elettorale, il controllo – in tutto e per tutto – sarà di KKR che avrà almeno i 2/3 del capitale (con il quale si ha il controllo delle assemblee straordinarie degli azionisti). Il “blocco pubblico” – MEF, F2I e altro – sarà comunque in minoranza, e, quindi, più che una funzione di esercizio dei mitici “poteri di veto” si tratta di un ruolo di “stampella”, per aiutare gli americani di KKR nella loro “presa del palazzo”.
In caso si procedesse alla separazione in 2 o 3 parti di TIM non c’è certo da stare allegri, principalmente per il debito consistente, per il venir meno delle integrazioni di un’unica azienda, per i dubbi sull’unione con Open Fiber, con i suoi quasi 6 miliardi di debiti!
Ricordiamo, ancora, cosa sta facendo KKR con la Marelli e quello che ha già fatto nel nostro paese:
Entra nel 2005 dentro la società di lubrificanti Selenia, da dove esce nel 2007;
Nel 2014 fa’ il suo ingresso nei distributori automatici di Argenta, uscendone nel 2017;
Nel 2017 entra in Sistemia uscendone nel 2019;
Mentre nel 2010 “sale” sugli elicotteri di Inair, dai quali “scende” nel 2014;
Nelle telecomunicazioni entra in Sirti nel 2017, da dove è uscito lo scorso giugno;
Come si vede KKR ha sempre fatto investimenti di breve-medio periodo: 3-4 anni.
E, ad esempio, in Sirti sono stati persi 700 posti di lavoro (-16,7%), negli ultimi 3 anni.
Telecom/TIM è in declino industriale – occupazionale da 25 anni: esternalizzazioni di lavoro e lavoratori, uscite in mobilità, prepensionamenti, esodi incentivati e tagli dello stipendio attraverso i vari ammortizzatori sociali. Con l’inizio del 2024 si avvicina la scadenza di CDE e Isopensione, e i lavoratori – comprensibilmente – si interrogano se saranno replicati o se l’azienda procederà con modalità e/o strumenti diversi.
La soluzione per provare a risollevare le sorti dell’ex monopolista?
Sappiamo bene che difficilmente “si torna indietro”, che può essere “pura utopia” il controllo pubblico di TIM, ma noi continuiamo a sostenere che la TIM debba essere un’unica entità e sotto controllo diretto pubblico, in quanto gestisce un servizio indispensabile per la colletività. Ricordiamo che l’art. 43 della Costituzione stabilisce la possibilità di ricorrere all’esproprio pubblico delle aziende per l’interesse generale. Magari attraverso una prima fase in compartecipazione con soggetti affidabili di natura industriale e non finanziaria.
La Costituzione – Articolo 43
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Firenze, ottobre 2023
FLMU CUB – TIM