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Assemblea nazionale dei sindacati di base e alternativi

Pubblichiamo un resoconto dell’intervento di Cosimo Scarinzi della Cub Torino, in occasione dell’assemblea nazionale che sabato 15 ottobre a Milano ha riunito i rappresentanti di diverse sigle sindacali di base e di movimenti attivi sul territorio nazionale, una delle tappe del confronto in corso per la preparazione dello sciopero generale del 2 dicembre prossimo e della manifestazione nazionale che si terrà a Roma

“La discussione che si è svolta oggi ha toccato molte questioni importanti e che, in larga misura, vanno oltre i problemi urgenti che l’organizzazione della mobilitazione per lo sciopero del 2 dicembre ci pone.
Non mi dilungo, anche in considerazione della necessità di tenere gli interventi in tempi stretti, sul carattere assolutamente positivo del percorso unitario che stiamo costruendo, un percorso non scontato che segnala la comune consapevolezza della gravità della situazione che vive la nostra classe e della necessità di proposte e risposte all’altezza di questa situazione.
Tratterò, di conseguenza tre argomenti che sono stati posti alla nostra attenzione.
È stato da più parti fatto rilevare che il concentrare tutti gli sforzi sulla manifestazione a Roma pone a molti territori problemi di logistica non irrilevanti, spostare un numero significativo di compagni e compagne non è facile e vi sono vertenze aperte che richiedono una presenza in diverse città. Credo che il problema vada affrontato con un’attitudine realista, la manifestazione nazionale deve vederci tutti e tutte impegnati al massimo ma ciò non esclude la possibilità di presidi e iniziative locali laddove ve ne sia la necessità.
Più complesso e, se vogliamo, più interessante, è il ragionare sul legame possibile fra il fatto che nell’ultimo periodo agiamo assieme più facilmente che in passato per le ragioni che ho ricordato, e un processo che io stesso considero fortemente desiderabile, di unificazione del sindacalismo di base e conflittuale.
Credo che su quest’ordine di problemi sia necessario evitare scorciatoie e semplificazioni. Molte compagne e molti compagni spiegano l’esistenza di diverse organizzazioni con la responsabilità dei gruppi dirigenti che sarebbero divisi da scontri personali e da un’esigenza eccessiva di autoaffermazione. Ovviamente in queste valutazioni vi può essere del vero e sarebbe sbagliato essere indulgenti con noi stessi, detto ciò, una mezza verità rischia di essere una visione distorta della realtà dei fatti.
Le diverse organizzazioni, infatti, hanno percorsi, forme organizzative, culture di riferimento diversi e dimenticarlo rischia di portarci a illusioni e a fallimenti.
Proprio per il rispetto che dobbiamo a tutte le organizzazioni sindacali di base esistenti e, in primo luogo, a noi stessi non possiamo immaginare un passaggio lineare dall’unità d’azione all’unificazione organizzativa.
Un percorso serio verso possibili unificazioni, che va perseguito con forza e convinzione, ha tempi, modalità, necessità diversi da quelli della costruzione di uno sciopero. Serve un confronto sulle esperienze e sulle ipotesi che ci caratterizzano, un confronto che si svolgerà nel pieno della lotta, che dovrà rapportarsi alle esigenze della nostra classe, che funzionerà tanto meglio quanto più saremo consapevoli dell’importanza e della complessità di questo obiettivo.

Di particolare importanza, infine, mi sembra la piena comprensione della natura reale e profonda del rapporto che stiamo costruendo con settori di movimento non immediatamente riconducibili al sindacalismo di base e conflittuale.
Dobbiamo avere chiaro che non si tratta di fare una somma meccanica fra sindacalismo di base, movimenti ambientalisti, delle donne, degli studenti, dei cittadini che si mobilitano contro il carovita e, in particolare, le bollette ecc…Al contrario dobbiamo cogliere a pieno il carattere dialettico delle relazioni che costruiamo.
Se oggi abbiamo una relazione con il movimento delle donne è perché le giovani generazioni che animano Non Una di Meno, e non solo, hanno colto con chiarezza il nesso forte fra liberazione delle donne e questione sociale, non lo hanno ‘imparato’ da noi ma dalla loro esperienza e attraverso questa esperienza.
Lo stesso vale per i movimenti ambientalisti radicali pienamente consapevoli che, mi permetto una citazione famosa, del fatto che l’ambientalismo senza lotta di classe si riduce a giardinaggio.
La crisi sociale che viviamo e che sta colpendo, oltre alle lavoratrici e ai lavoratori salariati, vasta parte del lavoro autonomo e che ne suscita la mobilitazione è una risposta importante alla proletarizzazione di ampi settori sociali. Dovremmo guardare a questa risposta non considerandola con chiusura e con sospetto ma avendo la consapevolezza che la riduzione alla condizione proletaria è vissuta come una violenza e che dobbiamo saper parlare e, soprattutto, saper ascoltare chi la vive per costruire un’azione comune fra il proletariato ‘tradizionale’ e i nuovi proletarizzati a partire dalle questioni immediate che tutti viviamo.
Sarebbe un errore capitale lasciare spazio al populismo reazionario oggi ampiamente diffuso e sta a noi, principalmente a noi, cogliere le occasioni che si aprono per dare loro uno scontro classista e radicale.
Per concludere, questo percorso lo dobbiamo vivere e costruire nella piena consapevolezza che la capacità di relazione, di azione, di confronto significa che non ci poniamo come un’avanguardia gelosa delle sue ‘certezze’ ma come un soggetto plurale che nell’agire impara, si modifica, si arricchisce, si pone all’altezza della partita che sta giocando”.

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