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Decreto Lavoro 2023, un attacco ai poveri e ai lavoratori

Abolito il reddito di cittadinanza, più libertà ai padroni per i contratti a termine. Il governo abbandona i poveri e introduce la precarietà permanente in cambio di qualche spicciolo per i redditi bassi. Come si legge il governo ha puntato a smantellare il reddito di cittadinanza e a scrivere una serie di norme che aumentano la precarietà. Tra le novità anche lo sgravio contributivo del 4 % per i redditi fino a 35000 €, di cui poi circa un quarto sarà ripreso tramite la tassazione.
“Ai padroni e alle aziende invece viene concessa una serie di sgravi su assunzioni e altro. A loro non viene chiesto nulla, viene dato”, questo il commento della Cub – sede di Legnano – di cui riportiamo un’analisi punto per punto dei principali provvedimenti contenuti nel Decreto Lavoro

Pubblicato in gazzetta ufficiale il 4 maggio il Decreto Lavoro, su cui il governo aveva lavorato il primo maggio per una celere approvazione, un bel regalo ai lavoratori… 

Questo decreto punta a risparmiare circa 4 Miliardi € all’anno sul reddito di cittadinanza, ossia sui poveri, fondi poi da utilizzare per lo sgravio contributivo sui redditi bassi. Indecente!
Se alla liberalizzazione dei contratti a termine aggiungiamo la possibilità di sforare il limite dei 24 mesi per i contratti di somministrazione è evidente che il governo punta alla precarietà dilagante sulla quale siamo fermamente contrari. Di precarietà ce n’è già troppa, andrebbe ridotta creando lavoro vero con investimenti per risolvere le nostre storiche emergenze.
La costituzione dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, per il governo invece è fondata sul precariato e sul rifiuto di assistere i più deboli.
Bene lo sgravio contributivo del 4% ma non è tutto oro, perché una parte viene mangiata dalle tasse. In presenza di un’inflazione del 10%, il recupero è comunque limitato fino a 35000 € e inesistente per gli altri. I padroni ringraziano perché non tirano fuori un centesimo, i profitti sono salvi e i contributi mancanti all’Inps saranno pagati da lavoratori e non, pensionati compresi, se tutto va bene altrimenti saranno ridotte le pensioni.
La Cub si batte per il lavoro stabile, per i contratti a tempo indeterminato e contro la povertà. Si batte poi per la difesa del potere d’acquisto di salari e pensioni, attraverso il ripristino di un meccanismo automatico di rivalutazione e per il salario minimo.
Riorganizzarsi per battersi contro le politiche del governo diventa sempre più urgente
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  • Se il contratto è indeterminato non ci sono limiti sul territorio nazionale;
  • Se si riferisce a un contratto a tempo pieno o part time non inferiore al 60%;
  • Se la retribuzione non è inferiore ai minimi contrattuali;
  • Se il contratto è a tempo determinato, anche in somministrazione se il luogo di lavoro non disti più di 80 chilometri dal domicilio;
  • Per lavori fino a 6 mesi l’assegno sarà temporaneamente sospeso.

L’assegno di inclusione verrà perso dall’intero nucleo familiare se si rifiutata un’offerta di lavoro.

Come si deduce i lavoratori e le famiglie povere riceveranno una vera mazzata. La parte riguardante il supporto per la formazione è complicata da attuare e il valore economico è una miseria. A guadagnarci saranno le aziende che eventualmente assumeranno e le agenzie. Altro che combattere la povertà, succederà esattamente il contrario.”

  • Nei casi previsti dai contratti collettivi
  • Nei contratti aziendali, ed entro il 30-4-2024 per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuati dalle parti;
  • In sostituzione di altri lavoratori. Il decreto inoltre abolisce i vincoli posti alle aziende che non dovranno più consegnare documentazione all’atto della assunzione.

Le tre finte causali in pratica consentono di prolungare sempre i contratti fino a 24 mesi senza nessun vincolo. Invece di dare stabilità al lavoro il governo punta alla precarietà permanente dando la possibilità alle aziende di aggirare le leggi fare quello che vogliono.”

La misura è comunque positiva perché mette qualche soldo nelle tasche dei lavoratori. Non si tratta però della riduzione del cuneo fiscale, come sbandierato, ma della riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori. Nel tempo questo potrebbe creare qualche problema all’Inps che vedrà aumentare il proprio deficit (anche se teoricamente lo Stato dovrebbe ripianarlo) che potrebbe essere scaricato sulle pensioni. Va aggiunto che questo esonero diminuisce in quanto si pagano poi le tasse perché aumenta l’imponibile fiscale. Infine è una misura al momento transitoria, si vedrà poi se verrà confermata nel 2024.”

Confederazione Unitaria di Base
Milano: V.le Lombardia 20 – tel. 0270631804, fax 0270602409 – www.cub.it – e-mail: info@cub.it

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