Solo per restare nella Capitale, si parla di 14.000 nuclei famigliari che pur avendo diritto a un alloggio popolare rimangono senza casa e si arrangiano nell’attesa. L’assistenza alloggiativa dura da oltre trent’anni ma le istituzioni e il Comune non si sono mai fatti veramente carico di garantire un diritto, quello a casa, che è sancito anche dalla Costituzione
La puntata del 30 giugno di Spotlight su RaiNews24 ripercorre la situazione nella Capitale a partire dal dopoguerra, quando con la Legge Fanfani si diede inizio a una grande opera di ricostruzione della città, in particolare di migliaia di edifici destinati ai ceti meno abbienti, secondo un modello di città che doveva includere gli operai, a partire dal quartiere Testaccio, e che consentì di dare una risposta al problema della diffusa disoccupazione grazie all’impiego nell’edilizia residenziale.
Venne poi fondato l’Istituto per le case popolari (Iacp) e fino agli anni ’90 del secolo scorso si continuò a provvedere alle esigenze abitative di coloro che non potevano permettersi una casa di pregio, con l’INA casa che in quegli anni riusciva a mettere a disposizione una media di 560 alloggi a settimana!
Poi nel 1998 venne abolito l’equo canone e ci fu il passaggio al libero mercato e da quel momento sono esplosi gli sfratti per morosità – ad oggi il 90% delle sentenze – per cui anche la classe media romana è rimasta esclusa dal mercato, troppo ‘ricchi’ per accedere alla scarsa disponibilità di alloggi popolari, troppo poveri per restare sul mercato, dove i costi degli affitti non hanno fatto che aumentare.
Il patrimonio immobiliare romano
Si tratta di un patrimonio non indifferente con 76.000 alloggi a graduatoria, di cui 48.000 di proprietà della Regione e il resto del Comune, su cui la giunta capitolina è da mesi al lavoro per una revisione e riorganizzazione generale. Il problema è che molte altre migliaia di alloggi non sono attualmente disponibili (il totale sfiora il milione e mezzo) poichè risalenti a tempi in cui la famiglia tipo italiana era composta da almeno cinque persone mentre oggi non è più così. Bisognerebbe intervenire con ristrutturazioni e razionalizzazione ma mancano i fondi (nonostante i 200 milioni di euro già stanziati) per cui, sommando i 166.000 appartamenti in locazione da privati le 230.000 case popolari, l’offerta per le famiglie è di meno di un ottavo del totale.
Altro ostacolo alla razionalizzazione è la divisione della gestione tra Regione e Comune, da cui doppio database a cui fare riferimento per le graduatorie con tutte le conseguenze del caso, spreco di fondi con la Regione che per anni ha versato l’Imu al Comune dilapidando milioni.
Per risparmiare anni fa sono stati tolti i portierati, in realtà andando a spendere ancora di più per ovviare alla mancanza di controllo nei condomini che ha fatto lievitare le occupazioni abusive.
Le occupazioni
Dal 1985 al 2006 ci sono state quattro sanatorie e l’apertura di due termini di per occupazione di alloggi senza titolo per alloggi di residenza pubblica. La media di occupazioni oggi è di 3 al giorno mentre gli sfratti sono tra i 6000 e gli 8000 annui.
Ormai il fenomeno riguarda non solo le famiglie ma anche le migliaia di studenti fuori sede, a Roma come in tutta Italia, per cui è sempre più urgente che l’edilizia popolare venga considerata come infrastruttura sociale strategica, attivando e rendendo davvero operativo quell’Osservatorio per la casa, anche previsto dalle norme vigenti, che al momento rimane solo sulla carta.
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