Recenti sentenze hanno stabilito che l’indennità per ferie non godute va pagata anche in caso di dimissioni.
L’Indennità per le ferie non godute è nell’ambito delle dinamiche lavorative e delle relazioni tra datore di lavoro e dipendente, una questione non di poco conto. Alcune recenti sentenze rendono attuale ricordare i diritti del lavoratore in merito alle ferie annuali retribuite e sui conseguenti oneri del datore di lavoro. Le ferie costituiscono un diritto irrinunziabile del lavoratore secondo il dettato dell’art. 36 Cost., comma 3 e, al pari del riposo, possono farsi rientrare nella tutela della salute e sicurezza del lavoratore, essendo qualificati alla stregua di diritti assolutamente
indisponibili.
Infatti, nel caso di mancata utilizzazione delle ferie è prevista un’indennità sostitutiva delle ferie. Un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, emessa con l’ordinanza del 27 novembre 2023 n. 32807, sez. lavoro, ha sancito che nessun valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie si può automaticamente attribuire alle dimissioni del lavoratore.
Hanno, pertanto, sottolineato che non è possibile automaticamente associare alle dimissioni volontarie del lavoratore un valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie. Difatti, le dimissioni, considerate come un atto volontario, sono equiparate dalla normativa (art. 5, co. 8, DL 6 luglio 2012 n. 95) alle altre modalità risolutorie del rapporto di lavoro, senza implicare una rinuncia automatica all’indennità sostitutiva delle ferie.
La pronuncia della Cassazione si inserisce in un contesto giuridico che pone al centro la salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di risoluzione del rapporto di lavoro. L’indennità sostitutiva delle ferie rappresenta il compenso economico riconosciuto al dipendente per le ferie maturate e non godute al momento della cessazione del rapporto.
Secondo l’orientamento giurispriudenziale, la privazione del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva al termine del rapporto di lavoro può avvenire solo a condizione che il datore di lavoro dimostri di aver invitato il dipendente a fruire delle ferie, eventualmente in maniera formale.
Al contempo, il datore di lavoro deve informare il lavoratore in modo accurato e tempestivo, garantendo che l’opportunità di godere delle ferie sia ancora valida per garantire il necessario riposo dal servizio. In caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia UE permette di approfondire il tema della monetizzazione delle ferie non fruite dal lavoratore nel corso del rapporto.
Il diritto alle ferie annuali retribuite
L’art. 36 della Costituzione stabilisce che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Il riposo e le ferie rappresentano quindi diritti irrinunciabili, essendo strettamente
collegati ad un altro diritto costituzionalmente tutelato, quello alla salute, previsto dall’art. 32 della Carta.
La normativa costituzionale viene concretizzata dall’art. 2109 del Codice Civile, dove si precisa che il lavoratore, trascorso un anno continuativo di lavoro, ha diritto a un periodo di ferie retribuito. Parallelamente, l’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003 stabilisce che il periodo di ferie annuali retribuite non può essere inferiore alle quattro settimane.
Stabilisce inoltre l’art. 10 co. 2 D. Lgs. n. 66/2003 che il “periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.
La decisione della Corte di Giustizia UE
In effetti la Corte di Giustizia specifica che l’effettiva fruizione delle ferie costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite quale principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione, il quale include altresì il diritto ad ottenere un pagamento per le ferie non godute alla cessazione del rapporto.
Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, in caso di fine del rapporto di lavoro, il dipendente ha diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti. A tale scopo, il motivo di cessazione del rapporto è irrilevante; ciò che invece rileva è che il datore di lavoro, prima della cessazione del rapporto, si sia attivato anche formalmente affinché il lavoratore venga posto nelle condizioni di fruire delle ferie.
Febbraio 2024
FLMU-CUB