Il Sole 24 Ore, in un articolo di ieri 7 febbraio, riporta quanto affermato dalla Cassazione riguardo agli incidenti mortali per colpa del datore di lavoro, specificando che nel caso in cui il risarcimento Inail sia inferiore a quello civile, si deve considerare l’importo previsto da quest’ultimo
I Supremi giudici in particolare – con l’ordinanza n. 3694/23 – hanno chiarito che il danno cosiddetto differenziale prevede un risarcimento che spetta a tutti i lavoratori dipendenti che dimostrino di aver subìto, in ragione di un fatto illecito commesso dal datore di lavoro o da un terzo, un danno maggiore rispetto all’indennizzo riconosciutogli e risarcito dall’Inail. In coerenza con quanto appena chiarito, in tema di responsabilità civile del datore di lavoro, la liquidazione del danno alla salute conseguente a infortunio sul lavoro o a malattia professionale va effettuata secondo i criteri civilistici e non sulla base delle tabelle di cui al Dm del 12 luglio 2000. Queste ultime sono deputate alla liquidazione dell’indennizzo Inail ex articolo 13 del Dlgs n. 38 del 2000, “in ragione della differenza strutturale e funzionale tra tale indennizzo e il risarcimento del danno civilistico”.
Come ricordato nel testo dell’articolo, nel caso di danni scomposti – ossia che implichino più di una menomazione – stando a quanto previsto dalle tabelle Inail, la valutazione non potrà essere il risultato della somma delle singole menomazioni tabellate. In tali casi si procederà alla stima complessiva del danno con riferimento all’entità del pregiudizio effettivo dell’apparato e/o della funzione interessata dalle menomazioni.