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La scuola comunale: cosa vogliamo

Fare il punto sullo stato della vertenza che oppone le lavoratrici delle scuole comunali e l’amministrazione, dopo l’ultima assemblea, è assolutamente necessario, anche se siamo consapevoli che è una partita aperta.

 

La prima considerazione da tenere presente è il fatto che è l’avversario, e cioè l’amministrazione, che cerca, con determinazione degna di miglior causa, di imporre i suoi obiettivi e, in particolare, l’aumento delle ore di servizio per le insegnanti delle scuole comunali e il taglio delle stesse scuole.

 

Pensare che sia accettabile come risposta una qualche “attenuazione del danno” significa, di conseguenza, aver perso in partenza.

 

Ciò che invece è necessario è avere una nostra piattaforma al cui centro sta la riduzione del numero di alunni per classe, la stabilizzazione del personale precario, l’internalizzazione degli appalti, la rivendicazione di una scuola pubblica comunale di qualità.

 

Non è una differenza di dettaglio, se si accetta la logica dell’amministrazione e cioè il fare delle concezioni oggi nella speranza di un contraccambio domani ci si condanna a una scontata delusione, ad ogni arretramento infatti non possono che seguire ulteriori arretramenti.

Si tratta allora di operare su due piani:

  • l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori, insegnanti, educatrici, assistenti educative, personale amministrativo etc, sia di ruolo che precario, sia direttamente dipendente dal comune che dalle imprese in appalto;

     

  • sviluppare, riprendendo positive esperienze passate, un rapporto nell’azione con le famiglie e la cittadinanza per la difesa del welfare comunale.

     

In questo percorso è fondamentale la questione della libertà e della democrazia sindacale. Gli accordi devono essere discussi, conosciuti, approvati dalle lavoratrici e dai lavoratori coinvolti. In altri termini la libertà sindacale non è in alcun modo un affare dei “sindacati” ma è interesse immediato di tutte e di tutti.

 

È, quindi, assolutamente fisiologico che la questione appassioni, che vi siano orientamenti diversi, che si debba arrivare a obiettivi e percorsi condivisi, attraverso il confronto.

Se quanto propongono alcuni sindacati non è condiviso dalle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori non avviene nulla di “scandaloso”, si tratta semplicemente della tanto invocata e purtroppo poco praticata democrazia.

 

Sostenere che non accettare un accordo a perdere sia sbagliato perchè “lascerebbe le mani libere” all’amministrazione è un’assurdità dal punto di vista della logica e della stessa tecnica sindacale, se infatti è possibile ottenere un accordo che deroghi, ad esempio, dalla pretesa delle 30 ore, non si vede perchè lo si debba fare a ribasso.

 

Su quest’ordine di problemi la chiarezza delle idee è precondizione della forza dell’azione. Lo stesso andamento delle assemblee ne è la prova: si tratta solo di essere coerenti con quanto abbiamo deciso collettivamente.

 

Ciò che è più pericoloso è cedere all’idea che non vi sarebbe nulla da fare, si tratterebbe del classico caso di una profezia che si auto avvera, se si è passivi, se si cede alla controparte, si garantisce la vittoria alla controparte stessa, se si agisce invece c’è la possibilità effettiva di ottenere dei risultati positivi.

 

Sta a noi scegliere la strada giusta.

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