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Metalmeccanici, gli aumenti non bastano per recuperare l’inflazione

Il 7 giugno l’Istat ha comunicato che la previsione del valore dell’inflazione I.p.c.a., depurato dai costi energetici importati, relativo a giugno 2023, è del 6,6% e le previsioni per gli anni 2024, 2025 e 2026 che sono più basse (del 2,9 % e del 2%).
Sulla base del dato di previsione 2023 gli aumenti del CCNL dei lavoratori Metalmeccanici risultano superiori a quelli già previsti nel contratto del 2021.

Gli aumenti del CCNL Federmeccanica-Assistal

Ex catNuovi livelliAumento giugno 2023Minimi giugno 2023
2D199,601608,67
3D2110,451783,90
3sC1112,831822,43
4C2115,221860,97
5C3123,401993,04
5sB1132,262136,25
6B2141,902291,85
7B3158,412558,63
8A1162,212619,93
Valori lordi, in euro

Gli aumenti del CCNL Unionmeccanica-Confapi

LivelloAumento giugno 2023Minimi giugno 2023
190,751465,75
2100,221618,77
3111,201796,07
4116,031873,97
5124,382007,36
6133,252152,24
7142,962309,01
8155,972511,01
8q155,972511,01
9172,892792,49
9q172,892792,49
Valori lordi, in euro

Il valore I.p.c.a. non rispecchia l’aumento reale dell’inflazione che è molto superiore. La stessa Istat scrive il 7 giugno che il peso applicato per depurare (ovvero detrarre) la dinamica dei prezzi energetici importati è pari al 2,9%.
Questo vuol dire che il recupero salariale previsto è più basso dell’inflazione.
Comunque il valore su cui si fanno gli aumenti è una previsione, che dovrà essere poi confermata nel 2024. Un calcolo complicato per dire che nulla è certo.

I CCNL, sia quello Federmeccanica che quello Confapi prevedono che:

…a decorrere dal 1 gennaio 2017, gli aumenti dei minimi tabellari assorbono gli aumenti individuali riconosciuti successivamente a tale data, salvo che siano stati concessi con una clausola espressa di non assorbibilità, nonché gli incrementi fissi collettivi della retribuzione eventualmente concordati in sede aziendale dopo tale data ad esclusione degli importi connessi alla prestazione lavorativa (indennità, maggiorazioni per straordinari, turni, notturno, festivo)…”.

Le fregature sono perciò in agguato

Sulla base della clausola sopra riportata può succedere che se i lavoratori hanno avuto aumenti individuali o anche collettivi dopo il 2017 possono vedersi azzerare l’aumento in quanto il CCNL prevede che può essere assorbito…. Già di norma le quote di salario individuale – i cosidetti “sovraminimi individuali” – possono essere assorbite in caso di aumenti salariali collettivi o di passaggio di livello, pertanto aver inserito questa clausola nel CCNL amplia e rafforza il rischio dell’assorbimento.

L’inflazione continua a galoppare…

Secondo i dati preliminari Istat a maggio i prezzi al consumo sono aumentati del 7,6% rispetto ad un anno prima e dello 0,3% rispetto ad aprile.
Sul sito della BCE il 30 marzo è apparso uno studio di 3 noti economisti (Arce, Hahn, Koester) nel quale si afferma che i profitti delle imprese sono cresciuti del 9,4% negli ultimi 3 mesi del 2022 (su base annua) contribuendo per oltre il 50% sulle pressioni inflazionistiche in Europa per quel trimestre; di contro la confederazione dei sindacati europei denuncia che il salario reale è crollato del 2,5% nel 2022.
Se si guarda al nostro paese i dati sono ancora più impressionanti: i ricavi delle principali imprese quotate alla Borsa di Milano – escluse banche e assicurazioni – nel 2022 hanno raggiunto quota 797 miliardi di euro, con un incremento di ben il 40,2% (!) rispetto al 2021… gli utili netti hanno avuto un’impennata del 79% (!) a 50 miliardi di euro.

Il contraltare di questa situazione è la misera condizione salariale in Italia: i dati OSCE ci dicevano già lo scorso anno che dal 1990 al 2020 l’Italia era stato l’unico paese a vedere una perdita netta del potere d’acquisto dei salari (-3%), mentre paesi paragonabili come Francia e Germania vedevano nel contempo crescere il salario medio netto del 30% !! Come se questo non bastasse, arriva l’inflazione del 2022 all’11,6%, quella già acquisita nel 2023 (ovvero quanto sarebbe a fine anno se si arrestasse fino a dicembre) al 5,6%, 570 contratti scaduti (su 963 depositati al Cnel) e i sindacati confederali che ignorano bellamente il problema assecondando il comportamento attendista delle imprese, tutti fattori devastanti per il potere di acquisto del lavoratore medio.
E’ sempre più evidente la necessità di agire affinché da un lato ci sia la reintroduzione di meccanismi automatici di adeguamento degli stipendi all’aumento del costo della vita (tutta l’inflazione e non solo una parte) e dall’altro lavorare per ottenere una contrattazione collettiva migliore rispetto allo standard medio degli ultimi decenni, ma per questo serve una seria presa di coscienza dei lavoratori!

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