Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Referendum Cgil, CUB: Non basta solo il referendum, è necessaria la mobilitazione

E’ comunque necessario rilanciare le mobilitazioni per evitare che si continuino ad ipotecare salari, diritti e sicurezza come è successo anche con le firme della Cgil.

Sui referendum promossi dalla Cgil ne sentiremo delle belle, da una parte e dall’altra.

VAI ALLE INTERVISTE REALIZZATE CON ESPONENTI DELLA CUB A PROPOSITO DEI REFERENDUM SUL LAVORO-Canale youtube Cub nazionale – playlist “Referendum_Cgil_lavoro

Si faranno sentire i sostenitori della precarietà, dei licenziamenti facili ed illegittimi, sdoganati dalla Riforma Fornero e rilanciati dal “compagno” Renzi, della pretesa che le aziende che appaltano e subappaltano siano sollevate dalle responsabilità dei danni procurati ai lavoratori dalle imprese appaltatrici, di coloro che considerano un costo gli interventi per garantire la sicurezza dei lavoratori (…e dei cittadini!), piuttosto che un investimento. Sarà un coro che tenterà di disinnescare quella che considerano una minaccia ai loro profitti e alle loro rendite, realizzate sulle spalle dei lavoratori.

Si farà sentire la Cgil, promotrice dei quesiti referendari, tentando di cancellare le responsabilità che si è assunta firmando ormai da anni una enormità di accordi a perdere, anche approfittando della possibilità di derogare alle stesse leggi, in nome di una concertazione e di un consociativismo, che hanno prodotto il taglio dei salari, il peggioramento delle condizioni di lavoro, la perdita dei diritti, l’aumento esponenziale della precarietà e l’erosione delle garanzie di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Probabilmente saremo anche costretti a subire l’assordante silenzio di certe OO.SS. e di diverse forze politiche che, per un motivo o per un altro, eviteranno di impegnarsi per il successo del referendum, con il subdolo obiettivo di farlo fallire, seppur consapevoli delle responsabilità che si assumono, nei confronti di intere categorie di lavoratori, fatte precipitare nello sfruttamento, anche per il complice immobilismo di gran parte dei sindacati e di certa politica.

  1. Abroga interamente la parte centrale del Jobs Act, cancellando il Dlgs 23/2015, l’atto con cui si sono cancellate le tutele previste dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.
  2. Abolisce il tetto massimo del risarcimento ai lavoratori delle piccole imprese per consentire al giudice di stabilire il giusto ristoro, intervenendo sulla legge 604 del 1966 che regolamenta il licenziamento
  3. Abroga le norme che impediscono di estendere la responsabilità degli infortuni sul lavoro all’impresa appaltante, abolendo le previsioni di un decreto del “compagno” Prodi.
  4. Cancella le parole “non superiore ai 12 mesi” all’articolo 19 del dlgs 81/2015 (uno degli otto del Jobs act) per rendere più vincolanti i contratti a tempo determinato.

E’ evidente che non basta votare e vincere il referendum, che rappresenta un pezzo di una battaglia più generale che la Cub conduce da sempre. Serve proseguire le mobilitazioni, rilanciando quanto fatto dalla CUB con le sue iniziative per i diritti ed i salari, per la democrazia, per le tutele sulla salute, contro le discriminazioni di ogni genere.

D’altra parte, che negli ultimi 30 anni che circa 15 punti di Pil si sono spostati dai salari ai profitti è cosa nota: una misura del fallimento delle politiche di concertazione e cogestione che i sindacati mainstream e la cialtroneria di gran parte delle forze politiche hanno prodotto, inseguendosi gli uni con gli altri, firma-dopo-firma e legge-dopo-legge.

L’aumento della precarietà, i tagli salariali, l’ablazione dei diritti, la mancanza di democrazia nei luoghi di lavoro, la deindustrializzazione progressiva, l’erosione delle tutele sulla salute sono effetto di scelte fatte in nome dei sacrifici, a cui dovevano seguire le stagioni della ripresa e della riscossa: una falsità che ha retto alla prova dei fatti.

Anche la cancellazione dell’art.18, come la liberalizzazione della precarietà, la cancellazione delle tutele sulla salute e sicurezza, Ovvero i temi posti dal referendum in questione, sono il precipitato di scelte  effettuate con la scusa che servisse  “liberare” le aziende da quelli che venivano rappresentati come lacci e lacciuoli che impedivano il decollo delle imprese e, di conseguenza, dell’economia.

OGGI, PERÒ, IL RE È NUDO. La precipitazione verso il basso delle condizioni salariali e, più complessivamente, di vita delle classi lavoratrici è evidente e la divaricazione della forbice della ricchezza disponibile tra imprenditori e lavoratori è la dimostrazione plastica dell’inganno in cui si sono fatti trascinare coloro che si dicevano interessati a tutelare le classi popolari e salariate.

A più di 10 anni dallo smantellamento dell’art.18 e dell’avvio dei licenziamenti facili, voluti dalla Fornero (…una riforma che resterebbe, con tutta la pericolosità, anche se trionfasse il SI a tutti i quesiti del referendum!)e rilanciati da Renzi, non c’è un economista che sia in grado di sostenere che quelle inaccettabili disposizioni, abbiano prodotto quell’aumento dell’occupazione da più parti ventilato ma che al contrario ha continuato a contrarsi e le cui prospettive, anche a fronte dell’avanzamento delle tecnologie (…si pensi all’intelligenza artificiale!) sono davvero preoccupanti.

Sono anni che la CUB, nell’assordante silenzio dei sindacatoni e di una certa politica (…mentre una parte era impegnata a tutelare gli interessi padronali!) sciopera e si batte, talvolta con successo e altre con minor visibilità, per rilanciare la mobilitazione e la partecipazione dei lavoratori.

Non esistono altre strade. Mobilitarsi per difendersi. Lottare per riconquistare.

Una ricetta semplice ma tutt’altro che facile. Comunque, unica!

I referendum sono un passaggio che la Cgil ha scelto di porre alla discussione del Paese, promuovendo argomenti che costituiscono il fulcro delle rivendicazioni della Confederazione Unitaria di Base, anche quando la Cgil,  ha accettato di “sacrificare” salari, diritti e sicurezza, sottoscrivendo accordi improbabili e pericolosi.

Nonostante il rischio che l’iniziativa, nonostante il clamore, non preluda necessariamente ad un radicale ripensamento delle scelte effettuate negli ultimi 30 anni dal più grande sindacato italiano, la Cub si rende parte attiva nella riuscita del voto referendario.

E’, quindi, ora di aprire un confronto tra i lavoratori a tutto campo, includendo temi e situazioni che non possono certo essere risolte e ribaltate mettendo solo una croce su una scheda nell’urna.

18.5.2024                                                            

SEGRETERIA NAZIONALE CUB

CUB © 2022. Tutti i diritti riservati.