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Risparmiare sulle spalle dei lavoratori

UNITO: SI VA VERSO UN NUOVO APPALTO PER IL SERVIZIO BIBLIOTECARO

Un pugno nello stomaco. Così è intitolato il comunicato Bibliocoop di Flaica Cub e Cgil Filcams, dopo aver ricevuto la notizia che il CdA dell’Università di Torino ha deliberato l’avvio della procedura per la gara d’appalto per il servizio Reference Biblioteche. Le OO.SS hanno proclamato uno sciopero il giorno 12 maggio con presidio alle ore 9.00 a Palazzo Nuovo

“Abbiamo deciso di riprendere la parola e di coinvolgere l’opinione pubblica cittadina per esporre le nostre rivendicazioni – termina così il comunicato diramato oggi da Flaica Cub Torino – e raccontare che cosa potrà accadere a un servizio essenziale per gli studenti e i futuri studenti che frequentano e/o frequenteranno l’Università di Torino.
Per tutto questo venerdì abbiamo proclamato uno sciopero dell’intera mattinata per tutto il servizio bibliotecario convocando un presidio a Palazzo Nuovo alle ore 9.00.”
(Leggi la notizia completa sul sito Cub nazionale)

La vicenda che riguarda i lavoratori delle biblioteche universitarie torinesi e coloro che svolgono anche altre mansioni in Università, parte da lontano, con Flaica che già dallo scorso anno sta portando avanti le rivendicazioni di centinaia di lavoratori interessati dagli appalti che l’Ateneo ha in essere, in particolare con la Rear.
Nel Comunicato dell’8 novembre 2022 sul blog Coordinamento UniTo – Università di Torino in movimento infatti leggiamo quanto segue:
La galassia del lavoro esternalizzato nel nostro Ateneo è complessa. Ci sono le imprese delle pulizie, quelle di facchinaggio, coloro che si occupano di impianti audio, delle linee telefoniche e della rete. Forse anche altri. Tra tutti, però, insieme ai Bibliocoop, quelli più importanti, soprattutto perché più vicini ai problemi ed esigenze quotidiane di docenti e studenti, sono i lavoratori cosiddetti della REAR.
Sono circa 200, più o meno la metà sono donne, assunti a tempo indeterminato appunto dal gruppo REAR grazie a un appalto con l’università per lo svolgimento dei servizi di portierato, di supporto ai servizi logistici e agli apparati audiovisivi presso le sedi universitarie. L’appalto ha una durata di 48 mesi per una spesa complessiva di oltre 33 milioni.
È da 20 anni che la REAR risulta vincitrice e i lavoratori passano da un appalto all’altro senza soluzione di continuità. In base alle norme a tutela dei lavoratori, se dovesse mai vincere un’altra impresa verrebbero trasferiti – su base volontaria – al nuovo gruppo. Cambierebbero divisa e dovrebbero accettare il nuovo contratto ma probabilmente nessuno di noi se ne accorgerebbe. E forse, invece, tutti e tutte coloro che lavorano e studiano dovrebbero iniziare ad accorgersi delle condizioni in cui molti lavoratori e lavoratrici sono costrette a lavorare. Nel loro lavoro devono spesso cambiare sede, essere estremamente disponibili e flessibili, accettare una curiosa situazione per la quale sono dipendenti della REAR ma di fatto il loro lavoro è regolato e indirizzato dai responsabili di UniTo nei settori in cui operano. Il loro lavoro non sempre è distinguibile da quello dei tecnici amministrativi e spesso ne hanno gli oneri ma nessuno dei vantaggi. Ma la questione più grave e scandalosa è quella salariale. La paga oraria, modificata su sollecitazione del tavolo sindacale e precedentemente più bassa, è prevista nell’appalto con un minimo di 6,80 euro lordi, elemento che dava, in sede di aggiudicazione dell’appalto, un punteggio maggiore nella valutazione finale dei concorrenti. La REAR ha quindi indicato 6,84 euro, vincendo poi la gara d’appalto. Tutto a posto? Per niente. Intanto rimane una paga vergognosa e inoltre la REAR ha usato un trucchetto: mantiene la paga base a 5,37 euro lordi all’ora (CCNL servizi fiduciari) e i restanti 1,47 euro (ovviamente sempre lordi) li definisce “indennizzo UniTo”, se li intasca ma li paga solo parzialmente perché non li conteggia sui giorni di ferie, sugli straordinari, sulla malattia, sul TFR, sulla tredicesima. Anche i contributi previdenziali e pensionistici sono calcolati su 5,37 euro orari. Su questa vicenda, che sembra configurarsi come una violazione del contratto, la CUB ha inviato nell’aprile 2022 una lettera all’amministrazione di UniTO, richiesta subito rinnovata anche dalle RSU interne, ma a oggi, dopo sei mesi, nessuno ha ancora risposto.
Cosa vuol dire una paga oraria così bassa che, va ricordato, è una paga minima che REAR potrebbe tranquillamente aumentare? Lavorando 40 ore settimanali si guadagnano circa 950 euro al mese. Per superare i 1000 euro bisogna lavorare almeno 50 ore alla settimana. Qualcuno ci riesce, con grande fatica, facendo doppi turni o sostituzioni di chi è assente o in ferie. Va aggiunto che i lavoratori REAR non accedono a nessun tipo di welfare UniTo né ne hanno uno aziendale.
E poi, oltre ai soldi che REAR si intasca e che invece dovrebbero andare ai lavoratori e lavoratrici, sorge un’altra domanda. Sulla base del capitolato, REAR è pagata da UniTo anche sulla base del fatto che viene previsto che in un determinato turno ci sia un certo numero di lavoratori in un luogo o spazio dell’Ateneo. Se manca qualcuno, chi controlla? Immaginiamo che il lavoratore o la lavoratrice assente venga sostituito, ma nel caso in cui non sia possibile REAR incassa come se il servizio fosse stato erogato oppure le ore non vengono conteggiate?
Inoltre, se si guarda alle cifre dell’appalto, salta all’occhio che dividendo i 33 milioni per 52 mensilità (48 mesi più 4 anni di 13esmia) e ripartendoli su 250 lavoratori/trici viene un costo mensile di circa 2.500 euro lordi. Una bella differenza rispetto a quanto incassato dai e dalle REAR!! Quali altri servizi offre REAR che spiegano questo costo? Ma soprattutto: non spenderebbe meno UniTo assumendo direttamente invece che esternalizzare il servizio?

Insomma, REAR avrà sicuramente risposte convincenti su alcune di queste domande e la sua politica prevederà salari da fame per avere profitti alti. Ma UniTo cosa dice? Condivide che i lavoratori non abbiamo dignità di salario e di vita? Possono la classe dirigente, il Rettore e il Consiglio di amministrazione del nostro Ateneo essere così lontani da ciò che insegniamo quotidianamente ai nostri studenti? Se anche esistesse una ragione di risparmio per UniTo che non riusciamo a vedere, davvero vogliamo risparmiare sulle spalle di lavoratori e lavoratrici sottopagati/e?

Caso Rear, terremoto nel Pd torinese: con il deputato Laus indagati anche un assessore e la presidente del Consiglio comunale

Riprendiamo quanto pubblicato dal Corriere della Sera-ediz.Torino, il 4 maggio 2023, che dà conto dell’inchiesta in corso sul deputato Laus e i dirigenti e gli amministratori della Rear, la cooperativa multiservizi a cui fanno capo numerosi applati con la pubblica amministrazione, tra cui quello con l’Università di Torino:

Nel mirino dei pm l’esponente della giunta Lo Russo, Mimmo Carretta, e Maria Grazia Grippo, oltre al parlamentare dem. Al centro dell’inchiesta la società multiservizi

Grippo, Caretta e Laus


I nomi sono scritti l’uno dopo l’altro sul frontespizio di una cartellina che contiene i tratti salienti dell’inchiesta che sta investendo alcune delle figure più importanti del Partito democratico piemontese. Sono sei le persone indagate. Tra loro ci sono il deputato Pd Mauro Laus e due suoi fedelissimi: la presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo e l’assessore agli Eventi Mimmo Carretta (ex segretario provinciale del Pd). E poi dirigenti e amministratori della Rear, la cooperativa multiservizi detentrice di numerosi e variegati appalti con la pubblica amministrazione che vanno dalla vigilanza all’assistenza museale, fino al facchinaggio e alle pulizie: spicca il nome del presidente Antonio Munafò (nominato nel 2014).

Le accuse
Le accuse che al momento ipotizzano il procuratore aggiunto Enrica Gabetta e il sostituto Alessandro Aghemo sono, a vario titolo, malversazione e truffa.

La vicenda Rear
L’intera vicenda ruota intorno alla Rear, cooperativa di cui Laus è stato presidente prima di scegliere di rimettere le cariche per opportunità politica: poco dopo, infatti, è stato nominato presidente del Consiglio regionale, ruolo che ha ricoperto dal 2014 al 2018. Poi è approdato a Roma, prima come senatore e ora come deputato. Oggi l’esponente dem figura come socio lavoratore della Rear, ma la compagine sociale evidenzia comunque uno stretto legame: la moglie siede nel consiglio di amministrazione e pure il fratello. Mentre la cognata è vicepresidente. Anche Carretta e Grippo hanno lavorato in Rear: il primo è un dipendente in aspettativa; la seconda era responsabile della comunicazione.
Stando alle ipotesi di accusa — che prendono in esame il periodo compreso tra il 2018 e il 2022 — la cooperativa avrebbe ricevuto sovvenzioni e finanziamenti pubblici per attività e iniziative ben specifiche, ma i soldi sarebbero stati dirottati altrove. Da qui l’accusa di malversazione per Laus, chiamato in causa come amministratore di fatto della coop. Di denaro pubblico si parla anche nell’ultimo bilancio disponibile della Rear. A pagina 40 del documento contabile si dà conto che «nel corso del tempo, a fronte di investimenti produttivi regolarmente effettuati, (Rear, ndr) ha ricevuto sovvenzioni e/o contributi dalla pubblica amministrazione e/o da società controllate direttamente e/o indirettamente dalla stessa». E sarebbero questi i presunti fondi (o parte di essi) che, secondo l’ipotesi investigativa, sarebbero stati distratti e destinati «a finalità private: i finanziari stanno seguendo i flussi di denaro e risalendo a ritroso nel tempo.
La Procura mantiene il massimo riserbo e l’indagine è ancora in fase embrionale: nelle settimane scorse è stata acquisita una mole di documenti contabili nella sede della Rear (in strada del Portone, a Grugliasco), negli uffici della Regione Piemonte (per conto della quale la cooperativa gestisce diversi servizi aggiudicati con bandi) e al Forte di Bard (dove la società ha gestito accoglienza e vigilanza). Alcuni dipendenti Rear sono stati sentiti come persone informate sui fatti: sarebbero stati chiesti chiarimenti alla direttrice del personale, ai dirigenti della società e al fiscalista.

IL NOSTRO PIANGERE FA MALE AL RE(AR)
Quello che alcuni dipendenti Rear hanno scritto in merito alla loro situazione e all’attività svolta da Flaica Cub Torino a salvaguardia dei loro diritti e condizioni di lavoro

“Sono passati parecchi mesi dall’esposto della Flaica Cub (4/4/2022) in cui si richiedeva all’Università di obbligare la cooperativa Rear a rispettare pienamente la clausola dell’appalto riguardante la paga minima oraria o, in alternativa, in base al principio di responsabilità solidale, di effettuare il pagamento in surroga direttamente alle lavoratrici e ai lavoratori. Rear, infatti, applicando il contratto dei servizi fiduciari, remunerava i propri dipendenti con una paga base ben inferiore ai 6,80 euro (lordi) previsti in capitolato come paga minima oraria. La differenza veniva elargita con una serie di indennità valide però solo per le ore lavorate regolarmente e quindi assenti nelle ore di straordinario, di permesso, di ferie, di malattia, nonché assenti anche dalle voci contributive e dal TFR.

Con la busta paga di novembre, ricevuta a metà dicembre, finalmente, tale irregolarità è stata sanata e almeno parte degli arretrati restituiti alle/ai dipendenti.

Vorremmo ringraziare apertamente il sindacato Flaica CUB, il Coordinamento Unito, la RSU, e quei docenti e personale TA e student* che si sono dimostrati sensibili alla nostra battaglia ed alle condizioni delle lavoratrici e lavoratori precari e che con l’impegno profuso ci hanno portato a ottenere che venisse eliminato il cosiddetto “indennizzo Unito” in favore del “superminimo” richiesto dall’appalto.

Pensiamo che sia giusto sottolineare che questa piccola conquista non la si è ottenuta per grazia ricevuta, ma proprio grazie all’impegno di chi, all’interno del sindacato, ha compreso le difficoltà di noi lavoratori e ci ha aiutati per cercare di cambiare una situazione a dir poco sfibrante.

Fortunatamente anche gli organi amministrativi dell’Università hanno colto l’importanza di tale intervento, anche se ci saremmo auspicati un’azione più tempestiva e comunicazioni più esaustive.

Forse ci saremmo aspettati minor “pigrizia” da parte dell’Università: basterebbe infatti obbligare Rear ad applicare tutte le clausole del contratto d’appalto, anche quelle che riguardano la distinzione di ruoli e mansioni, per vedere aumentata ulteriormente la nostra retribuzione. Inoltre si potrebbe anche imporre l’utilizzo del CCNL Multiservizi (a cui corrisponde la paga base d’appalto dì 6,80€), migliorativo per il personale REAR rispetto all’attuale CCNL Servizi fiduciari ora applicato e tra l’altro considerato da una sentenza del tribunale di Milano incostituzionale e con paghe al di sotto della soglia di povertà.

Insomma chiediamo di trovare una soluzione per far sì che lavoratrici e lavoratori che aprono le strutture e si relazionano con docenti e studenti favorendo il regolare funzionamento di tutto ciò che viene deciso dall’amministrazione giornalmente, in alcuni casi da addirittura vent’anni, ricevano una retribuzione che gli consenta di vivere in maniera più dignitosa.

Nell’esprimere la nostra soddisfazione per questa vittoria, sottolineiamo che 6,80 euro lordi all’ora rimangono pur sempre una paga da fame e che a chi già percepiva tale cifra per anzianità di servizio non è stato dato alcun aumento.

Riteniamo quindi che questa significativa seppur piccola vittoria debba rappresentare solo l’inizio di una stagione di miglioramenti e ripensamenti che porti alla scomparsa del “lavoro povero” all’interno dell’Università, garantendo salari dignitosi per tutte e tutti le lavoratrici e i lavoratori.”

ALCUNƎ DEL PERSONALE REAR LAVORATORIREAR@GMAIL.COM

(Scarica la lettera in pdf)

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