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Tim e rete unica

Giovedì 2 febbraio, come si apprende dal comunicato corporate Tim, l’azienda leader della telefonia nazionale ha ricevuto “un’offerta non vincolante per l’acquisto in una partecipazione in una costituenda società coincidente con il perimetro gestionale e infrastrutturale della rete fissa, inclusivo degli asset e attività di FiberCop, nonché della partecipazione in Sparkle (cd. ‘Netco’)”. L’offerta non vincolante è riferita a una quota partecipativa da definire – prosegue il comunicato Tim – fermo restando che dall’acquisto scaturirebbe la perdita dell’integrazione verticale rispetto a TIM. Il Consiglio di Amministrazione si riunirà nella giornata di oggi (ndr 2 febbraio) per avviare il processo relativo all’esame dell’offerta non vincolante.”

In sostanza il fondo statunitense Kkr ha avanzato una proposta per la cosiddetta Netco – la valutazione sarebbe di circa 20 miliardi – facendo immediatamente schizzare le azioni del gruppo di telefonia italiano a Piazza Affari, dove il titolo ha guadagnato il 9% a o,28 euro. Nella stessa giornata di giovedì era prevista la riunione del Consiglio di amministrazione Tim per approntare il riesame dell’offerta.
Fonti governative in merito hanno dichiarato di seguire con attenzione la vicenda che riguarda l’eventuale entrata del fondo americano con una partecipazione nella futura società di rete fissa Netco, che comprende la società Fibercop (la società della rete secondaria che vende agli operatori i servizi di accesso alla rete e di cui Kkr è già socio), e la partecipazione in Sparkle (i cavi sottomarini), nella stima invece non sarebbe incluso il backbone, in altre parole la dorsale della rete.
Al momento non è definita la quota che Kkr intende acquisire ma si parla in ogni caso di una quota maggioritaria della rete per cui Tim andrebbe a perdere l’integrazione verticale e conseguentemente il controllo del network, pur restando aperto all’ingresso di istituzioni italiane. Potrebbe essere lasciato spazio a un coinvestimento da parte di Cdp-Cassa depositi e prestiti o di un altro soggetto pubblico (come F2i o Poste, di cui già si era parlato in passato) per evitare problematiche relative all’antitrust (Cdp che attualmente detiene il 60% di Open Fiber).

Le reazioni del Governo
Dal Mimit – Ministero delle Imprese e del made in Italy, il ministro Urso dichiara che la proposta di Kkr sarà valutata con particolare attenzione ai temi della salvaguardia dell’occupazione e della sicurezza. Proprio pochi giorni prima il Governo si era infatti espresso in favore di una rete nazionale a controllo pubblico, trattandosi di un assett strategico per cui potrebbe anche essere esercitato il golden power.
È stato quindi aperto un tavolo al Mimit sulla rete Tim e si attende la convocazione del prossimo incontro.

FLMUniti-CUB Settore Telecomunicazioni a dicembre 2022
Quanto è in corso in queste ore rimanda a quanto meno di un paio di mesi fa, per la precisione il 13 dicembre 2022, il sindacato FlmUniti comunicava in merito a Tim e alle dichiarazioni rilasciate dal Governo pochi giorni prima, il 29 novembre.
La nota dell’Esecutivo, “RETE UNICA, TAVOLO DI LAVORO ENTRO IL 31 DICEMBRE 2022”, a firma del ministro Urso e del sottosegretario Butti, riportava quanto segue: “Il Governo ha svolto in queste settimane ampi e doverosi approfondimenti ed interlocuzioni con i principali soggetti coinvolti nello strategico dossier sulla ‘Rete Unica’ culminati nell’incontro svolto ieri a Palazzo Chigi con le organizzazioni sindacali. Tenendo conto delle priorità di valorizzare le risorse umane di TIM e dar attuazione ad una efficiente e capillare Rete Nazionale a controllo pubblico, il Governo intende promuovere un tavolo di lavoro che entro il 31 dicembre possa contribuire alla definizione delle migliori soluzioni di mercato percorribili per massimizzare gli interessi del Paese, delle società coinvolte e dei loro azionisti e Stakeholder, tenendo altresì conto delle normative esistenti a livello nazionale ed europeo e dei necessari equilibri economici, finanziari ed occupazionali.”

Comunicato Cub FlmUniti, 13 dicembre 2022
Val bene quindi riprendere il comunicato diramato il 13 dicembre da FlmUniti Cub: “La scelta di privatizzare la Telecom – operata a metà degli anni novanta – ha dimostrato tutta la sua scelleratezza, a causa della assoluta inadeguatezza del ‘privato’, che ha fatto solo i propri interessi a scapito dell’azienda e del servizio pubblico; da anni si cerca di porvi rimedio ipotizzando una sorta di intervento pubblico, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, che – di fatto – pubblica lo è poco, trattandosi in buona sostanza di un istituto bancario, il cui presidente è designato dalle fondazioni bancarie. Anche oggi è d’attualità un ruolo centrale di CDP ma basta vedere il nulla assoluto che ha prodotto – senza alcuna iniziativa – l’essere da alcuni anni il secondo azionista di TIM con poco meno del 10%. Se si guarda a quanto sono costati allo Stato gli ammortizzatori sociali, il taglio dei posti di lavoro e i corsi di formazione fasulli, ci se rende conto che al posto della concessione di ammortizzatori sociali ‘a perdere’ valeva la pena entrare direttamente con maggiori risorse nel controllo di Telecom-TIM ma a buon fine, ossia il rilancio dell’azienda, risorse che sarebbero state restituite con il tempo, al contrario di questi ammortizzatori che sembrano essere solo cure palliative; dopo un periodo di circa 10 anni di uscite attraverso la mobilità volontaria, siamo infatti arrivati a 13 anni di ammortizzatori sociali, dal 2009 con i Contratti di Solidarietà fino agli attuali Contratti d’Espansione, di cui siamo già alla terza applicazione. Senza contare i numerosi corsi di formazione che, in teoria, dovevano servire a riqualificare il personale ma nella pratica non hanno raggiunto questo obiettivo stante i contenuti generalisti e inutili degli stessi rispetto alle attività quotidiane, come possono ben testimoniare i lavoratori; corsi che anch’essi si ripetono da molti anni, manifestandosi – di fatto – in un ulteriore strumento per succhiare soldi pubblici.
Perciò la soluzione ottimale per l’interesse del Paese e per l’occupazione è l’intervento diretto pubblico, come sostiene da tempo il sindacato di base, un intervento che dovrebbe riguardare non solo TIM ma tutto il settore che eroga un servizio fondamentale come le TLC. Ricordiamo che nella stragrande maggioranza dei Paesi nelle TLC è stato mantenuta una forma di controllo pubblico e con risultati nettamente migliori.”
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13 dicembre 2022 – FLMUniti-CUB Settore telecomunicazioni, Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti Confederazione Unitaria di Base

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